- di Daniele Luigi F.
INTRODUZIONE
L’ergastulum era un edificio sotterraneo o seminterrato in cui erano rinchiusi gli schiavi più indisciplinati e propensi alla ribellione; soggetti che secondo il dominus avevano un comportamento irrecuperabile. Qui venivano rinchiusi anche gli schiavi per fini punitivi.
Questa struttura altro non era che una prigione in cui gli schiavi svolgevano i lavori più pesanti e coercitivi. L’unico contatto con l’esterno era spesso rappresentato da piccole finestre chiuse da sbarre, poste ad un’altezza tale da essere irraggiungibili.
Non era raro trovare in anche loculi utilizzati per il riposo notturno.
Questi edifici erano altresì utilizzati per rinchiudere gli schiavi che lavoravano nelle grandi proprietà rurali per impedire possibili rivolte.
DISCIPLINA E PRINCIPI ALL’ERGASTOLO
Ai sensi dell’articolo 22 c.p. :
“La pena dell’ ergastolo è perpetua ed è scontata in uno degli stabilimenti a ciò destinati, con l’obbligo del lavoro e con l’isolamento notturno” al secondo comma continua ” il condannato all’ergastolo può essere ammesso al lavoro all’aperto”.
Negli anni ’70 sono sorti alcuni problemi riguardo alla compatibilità dell’ergastolo con i principi della Costituzione e soprattutto con il principio di rieducazione contenuto nell’articolo 27.3 Cost.
La Corte Costituzionale si è espressa su tale problematica ritenendo legittimo l’ergastolo, in base alla motivazione che funzione della pena << non è soltanto il riadattamento sociale dei delinquenti, ma pure la prevenzione generale, la difesa sociale, e la neutralizzazione a tempo indeterminato di determinati delinquenti>> (1).
Man mano negli anni la natura perpetua dell’ergastolo è andata sempre più ridimensionandosi.
LA BUONA CONDOTTA E I PERMESSI ALL ‘ERGASTOLANO
Ad esempio, a parte la possibilità del lavoro all’aperto, il condannato all’ergastolo – qualora abbia tenuto un comportamento tale da fare ritenere sicuro il suo ravvedimento – può essere ammesso alla liberazione condizionale dopo aver scontato 26 anni di pena ( art 176. 3 cp): l’ammissione a tale beneficio è da considerarsi dovuta a seguito della consolidatasi giurisdizionalizzazione dell’istituto in questione ( sent. Cost. Numero 204/1974).
Sul carattere perpetuo dell’ergastolo hanno inciso ulteriori e recenti interventi giurisdizionali.
Va citata, prima facie, la sentenza numero 274 del 1983, che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo il divieto di ammettere i condannati all’ergastolo al godimento degli sconti di pena consentiti dall’istituto della liberazione anticipata, con conseguente riduzione dei tempi necessari ai fini della liberazione condizionale.
Successivamente, gli articoli 14 e 18 della legge numero 663/1986 hanno esteso agli ergastolani l’applicabilità dei due istituti della semilibertà con il limite dell‘espiazione di almeno vent’anni di pena e della stessa liberazione anticipata.
Tale legge, ovvero la legge n. 663, consente che ai fini del computo dei vent’anni di pena espiata – che fanno da presupposto all’ammissibilità al regime di semi-libertà – possano venire detratti 45 giorni per ogni semestre di pena scontata se il condannato partecipa all’Opera di rieducazione.
Dopo 10 anni sono concedibili anche dei permessi premio per non più di 45 giorni all’anno.
Ora, siccome il nuovo articolo 53 bis dell’ordinamento penitenziario stabilisce che il tempo trascorso il permesso, ovvero la licenza, vengano computati a ogni effetto nella durata della pena espiata può in atto accadere che un ergastolano venga rimesso in libertà dopo 15 anni avendo già beneficiato di 225 giorni di permesso e venga liberato condizionalmente dopo 19 anni e 6 mesi avendo già usufruito di 428 giorni di permesso.
Il problema della costituzionalità dell’ergastolo è stato risolto di recente dai giudici di legittimità nei termini contrari con riguardo ai minorenni imputabili.
Con sentenza n. 168/1994, La Corte Costituzionale ha ravvisato un incompatibilità insanabile tra la pena perpetua e la minore età facendo leva sul particolare significato che la rieducazione finisce con l’assumere ove venga considerata alla stregua della speciale protezione che l’articolo 31 della Costituzione accorda l’infanzia e alla gioventù.
Un ultimo profilo di possibile illegittimità costituzionale dell’ergastolo si riferisce alla sua natura di pena fissa.
La stessa Corte Costituzionale si è pronunciata a favore della tesi che assume come costituzionalmente imposta una commisurazione individualizzata della sanzione punitiva: infatti la Corte ha affermato che <in linea di principio previsioni sanzionatorie fisse non appaiono in armonia con il volto costituzionale del sistema penale, salvo che, appaiano proporzionate all’intera gamma di comportamenti riconducibili allo specifico tipo di reato> (2).
Da questo punto di vista si tratta di verificare se le attuali previsioni normative dell’ergastolo risultino proporzionate o congrue rispetto all’intera gamma dei fatti tipizzati nelle fattispecie sanzionate con la misura della massima pena.
ERGASTOLO OSTATIVO.
Per ergastolo ostativo, si intende quel tipo di ergastolo che fa riferimento ai casi in cui il “tipo” di delitto per il quale è stata inflitta condanna alla pena dell’ergastolo (rientrando fra i c.d. delitti di contesto mafioso), osta alla concessione delle misure alternative alla detenzione (Affidamento in prova ai servizi sociali, semilibertà, permessi premio) nonché alla concessione dei benefici penitenziari (salvo la liberazione anticipata e, dopo la sentenza n. 253 del 2019, i permessi premio) e, in particolare, osta alla concessione dello specifico beneficio della liberazione condizionale, ove il soggetto non collabori utilmente con la giustizia (ancorché abbia già scontato ventisei anni di carcere anche grazie a provvedimenti di liberazione anticipata).
lL Corte europea dei diritti umani, con sentenza 13/06/2019 n. 77633-16, si è espressa nel caso Viola contro Italia ha stabilito in modo chiaro che l’ergastolo non riducibile c.d. ostativo viola il divieto di trattamenti degradanti e inumani e il generale rispetto della dignità umana.
Si sarebbe dunque violato l’art. 3 (divieto di trattamenti umani e degradanti ) e dell’art. 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare) della Convenzione europea dei diritti umani
La Corte Costituzionale dopo aver più volte, con sentenza nel 2019, sollecitato il Parlamento ad esprimersi sul tema, il Governo con D.lgs 162/2022 ha designato le nuove regole per l’accesso ai benefici penitenziari, disponendo nel decreto che il detenuto condannato per delitti di contesto mafioso, scontato un periodo minimo fissato dalla legge (almeno 2/3 della pena, 30 anni in caso di ergastolo), possa avanzare la relativa richiesta allegando elementi specifici, diversi e ulteriori rispetto alla regolare condotta carceraria, alla partecipazione al percorso rieducativo e alla mera dichiarazione di dissociazione dall’organizzazione criminale di eventuale appartenenza, che consentano di escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva e con il contesto nel quale il reato è stato commesso, nonché il pericolo di ripristino di tali collegamenti, anche indiretti o tramite terzi; deve inoltre dimostrare l’adempimento delle obbligazioni civili e degli obblighi di riparazione pecuniaria conseguenti alla condanna o l’assoluta impossibilità di tale adempimento.
Note:
1) sentenza Corte Cost. n° 264/1974.
2) sent. Corte cost. n° 50/1980.
BIBLIOGRAFIA:
Fiandaca Musco, Diritto penale, parte generale, ottava edizione, Zanichelli editore, 2019