LA STORIA DI MANI PULITE

Di Emanuele Pestrichella e Luigi Filippo Daniele

 

NEL 1992 FU COLPO DI STATO?

Commento di Luigi Daniele.

Era il 1992 quando una squadra di magistrati, passata alla storia con il nome di “Pool mani pulite” congegnò un colpo di stato ai danni della classe dirigente. Il pool era così composto: Francesco Saverio Borrelli procuratore capo di Milano, Piercamillo Davigo, Gherardo Colombo, Tiziana Parenti, Francesco Greco, Gerardo D’Ambrosio, Antonio Di Pietro, Ilda Boccassini ed Armando Sparato .

Il 17 febbraio 1992 il pubblico ministero Antonio Di Pietro decise di dare avvio all’operazione più cruenta e violenta della storia Repubblicana ai danni della classe dirigente politica.

 

Il Pubblico Ministero Di Pietro attaccò Craxi, il quale aveva la colpa di credere nel Socialismo democratico e nell’autonomia della politica dal potere giudiziario. Il Pool mani pulite non eliminò Bettino Craxi, non eliminò i partiti tradizionali, ma annientò un’intera classe dirigente, distruggendo un Paese intero e la sua fragile democrazia.La corruzione in Italia c’è sempre stata, ma la procura di Milano ed i pubblici ministeri facevano finta di non vederla, facevano finta che non esistesse. I giudici non inflissero danni solo ai partiti, inflissero fendenti letali allo stato di diritto ed alla Costituzione sostituita da una Carta materiale adeguata a leggi d’emergenza pretesa ed ottenuta dalle toghe. Mani pulite fu la spettacolarizzazione del processo, Mani Pulite fu la glamourizzazione del diritto, condita e resa possibile da un tale carabiniere-sceriffo che dopo pochi anni trovammo in Politica, prima col governo Prodi come ministro dei lavori pubblici (1996-1998) e poi dal 1998 come deputato eletto con il partito da lui creato: Italia dei Valori.

 

Mani pulite fu l’assalto effettuato da un pool di giudici, non ad un partito, non ad un singolo uomo, ma ad un sistema di potere creatosi nel nostro paese, un sistema democratico, per dire al Paese intero: “Adesso comandiamo noi”. Ma quel pool di pubblici ministeri grazió miracolosamente, stoppando le indagini, il PCI, che nel frattempo diventò PDS il Partito democratico della Sinistra.

Concludendo la mia breve considerazione, possiamo dire che Mani Pulite fu utile alle toghe per accrescere il loro potere nei confronti della politica. Un regolamento dei conti all’interno delle classi dirigenti. I magistrati, e tutti lo sapevano, inquinavano le prove , ma nessuno li chiamò a rispondere.

Chi controlla i controllori? Ancora oggi ce lo chiediamo. 

 



 

LA STORIA.

Di Emanuele Pestrichella.

Che cosa è stata Mani Pulite e che cosa è stato Tangentopoli? Vige una differenza tra i due? Entrambi sono denominazioni coeve negli anni ’90 ma una rappresenta il nome dato alle indagini giudiziarie condotte inizialmente sull’indiziato Mario Chiesa, ingegnere e presidente del Pio Albergo Trivulzio di Milano, dal magistrato e procuratore Antonio di Pietro e l’altro è il sistema politico amministrativo di corruzione e di tangenti che ha investito la politica italiana al fine di accaparrarsi appalti e nomine pubbliche. Era lunedì 17 febbraio 1992 ore 17:30 e un imprenditore di 32 anni, Luca Magni, si presenta in via Marostica 8 a Milano, nell’ufficio di Mario Chiesa gestore della casa di riposo per anziani (il Pio Albergo Trivulzio). Mario è un titolare di una piccola impresa di pulizie, la Ilpi di Monza, che lavora con la storica casa di ricovero per anziani, fondata nel Settecento. Chiesa è militante ed esponente del Partito Socialista Italiano e, non nascondendo le sue ambizioni politiche, sogna di diventare sindaco di Milano. Magni, dopo mezz’ora, viene ricevuto (deve consegnare 14 milioni di lire, la tangente pattuita su un appalto da 140 milioni di lire). Nel taschino della giacca ha una penna che in realtà è una microspia e stringe in mano la maniglia della valigetta che nasconde una telecamera. Magni gli dà una busta contenente 7 milioni di lire e promette che la settimana prossima darà gli altri 7 milioni.

Mentre l’imprenditore telefona a casa per tranquillizzare la madre e la sorella, che sapevano dell’operazione, una squadretta di investigatori blocca il presidente del Trivulzio che capisce di essere caduto in trappola. Quando Chiesa azzarda che i soldi erano suoi e gli investigatori replicarono all’ingegnere che quei soldi appartenevano all’ispettorato e alla procura che ha aperto le inquisizioni, egli chiede di andare in bagno, e si libera delle banconote di un’altra tangente da 37 milioni, gettandole nella tazza del gabinetto. Poi viene arrestato e portato nel carcere di San Vittore.

 

La notizia fece scalpore, finendo sulle prime pagine dei quotidiani e venendo ripresa dai telegiornali. Il Segretario socialista Bettino Craxi, allora impegnato nella campagna elettorale per le elezioni politiche nazionali che si sarebbero svolte in primavera, in un’intervista rilasciata a Daniela Vergara per il TG3 negò l’esistenza della corruzione a livello nazionale, definendo Mario Chiesa un «mariuolo isolato», una scheggia impazzita dell’altrimenti integro PSI.Vista la delicata situazione politica, in piena campagna elettorale, Di Pietro mantenne sulle indagini il più assoluto riserbo. Mentre alcune formazioni politiche come la Lega Nord iniziarono a cogliere la crescente indignazione popolare per raccogliere voti (con lo slogan «Roma ladrona!»), altre, come la DC (democrazia cristiana), sottovalutarono il peso politico di Mani pulite e altri ancora come Bettino Craxi accusarono la Procura di Milano di muoversi secondo un «preciso disegno politico».Il 5 marzo 1993, il governo varò un decreto legge (il «decreto Conso», da Giovanni Conso, il Ministro della Giustizia che lo propose), che depenalizzava il finanziamento illecito ai partiti e definito per questo il «colpo di spugna».

 

Il decreto, che recepiva un testo già discusso e approvato dalla commissione affari costituzionali del Senato, manteneva un «silenzio ipocrita» sul valore retroattivo della depenalizzazione, che quindi avrebbe compreso anche gli inquisiti di Mani pulite.

Naturalmente, si sarebbe trattata di una retroattività scontata, essendo previsto dall’articolo 2 secondo comma del codice penale che le depenalizzazioni hanno sempre effetto retroattivo, persino se nel frattempo è già intervenuta una condanna irrevocabile.L’allarme che le inchieste di Tangentopoli rischiavano di insabbiarsi fu lanciato dal pool milanese in televisione: l’opinione pubblica e i giornali gridarono allo scandalo e il Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro per la prima volta nella storia Repubblicana rifiutò di firmare un decreto-legge, ritenendolo incostituzionale. Carlo Ripa di Meana, Ministro dell’Ambiente, diede le dimissioni dopo aver votato contro il decreto in Consiglio dei Ministri. Pochi giorni dopo, al referendum del 18 aprile 1993 (promosso dal democristiano dissidente Mario Segni), gli elettori votarono in massa a favore dell’introduzione del sistema elettorale maggioritario. Fu un segnale politico molto forte della sempre più crescente sfiducia nei confronti della politica tradizionale: il governo Amato, intravedendo nel risultato del referendum un segnale di sfiducia nei suoi confronti, rassegnò le dimissioni il 21 aprile.

Il Parlamento non riuscì a formare un nuovo governo politico: Scalfaro decise perciò di affidare la presidenza del Consiglio al governatore della Banca d’Italia Carlo Azeglio Ciampi, primo premier non politico della storia Repubblicana italiana. Ciampi si pose due obiettivi fondamentali: una nuova legge elettorale che doveva essere scritta sotto dettatura del referendum (che fu poi approvata nell’agosto di quell’anno e, introducendo un sistema per tre quarti maggioritario e per un quarto proporzionale con liste bloccate, tradì in parte la volontà referendaria) e il rilancio dell’economia (che stava vivendo una difficilissima stagnazione, con la lira precipitata ai minimi storici). Malgrado questo excursus, la storia continuerebbe ma io qui mi sono limitato ad inquadrare le indagini giudiziarie, Mani Pulite, e il sistema politico amministrativo che ha rappresentato la condizione di pensabilità e di possibilità delle inchieste aperte per corruzione.

 

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