ECONOMIA DELL’IDENTITÀ: COME LE NOSTRE IDENTITÀ DETERMINANO LAVORO, SALARI E BENESSERE.
Il premio Nobel per l’economia George A. Akerlof e Rachel E. Kranton indagano le motivazioni alla base del comportamento umano e le valutazioni che ne guidano le scelte.
Partendo dagli insegnamenti della scienza economica, secondo cui contano solamente gli incentivi materiali, i due autori approfondiscono l’analisi inserendo una variabile fondamentale: L’IDENTITÀ.
Ecco, dunque, che il modo in cui le persone si vedono e vogliono essere ne influenza in maniera determinante i comportamenti: così, il fiero dipendente di una impresa ragionerà nell’ottica utile alla sua organizzazione e non penserà a faticare il meno possibile senza farsi scoprire, come invece, secondo l’economia, farebbero tutti i salariati in quanto agenti egoisti interessati solo al reddito Il lavoratore dell’economia dell’identità si comporta nel modo più adeguato alla sua rappresentazione di sé e massimizza, quindi, qualcosa di diverso da un beneficio materiale, al contrario del lavoratore che, sentendosi sfruttato e non identificandosi con l’impresa farà tutto quello che può per lavorare il meno possibile.
Anche chi governa, dunque, dovrà prendere atto di questo meccanismo e agire in maniera diversa rispetto a come farebbero se contassero solo gli incentivi materiali.
È necessario utilizzare analisi antropologiche, sociologiche o psicologiche e la stessa economica dovrà evolvere. Alle imprese, invece, il compito di diventare organizzazioni che creano e mantengono identità, usando leve diverse da quelle monetarie.
Akerlof e Kranton sottolineano inoltre l’importanza delle regole contro la discriminazione e le campagne culturali nel cambiare o nello scoraggiare alcune identità e quindi nel promuovere pari condizioni.
Allo stesso tempo, però, l’economia dell’identità può nascondere insidie e pericoli che offrirebbero la scusa per manipolare cittadini e lavoratori…
Che cosa guida il comportamento umano?
Le scelte dipendono da una valutazione materiale dei costi e dei benefici oppure da obiettivi diversi, congiunti a quello che una persona si sente di essere, cioè alla sua identità?
La scienza economica è chiara: contano solo gli incentivi materiali.
George Akerlof e Rachel Kranton al contrario sottolineano il ruolo dell’identità delle persone, ovvero il modo in cui si vedono e desiderano essere.
Nel 1995, l’economista Rachel Kranton scrive una lettera al futuro premio Nobel George Akerlof e lo informa che secondo lei i risultati della sua più recente pubblicazione sono sbagliati. Anziché sviluppare una polemica, questo gesto dà il via a una forte collaborazione fra i due studiosi che arrivano a elaborare una nuova teoria: noi possiamo compiere le nostre scelte economiche sia sulla base di incentivi monetari sia in riferimento alla nostra identità. A parità di incentivi monetari, noi evitiamo quelle azioni che confliggono con l’idea che abbiamo del nostro sé e della nostra vita.
Secondo Akerlof e Kranton introdurre il concetto di “identità” spiega perché gli individui – nel confrontarsi con la stessa situazione economica – compiono scelte diverse. Ma aiuta anche a comprendere perché incentivi come le stock option funzionino o meno, perché alcune scuole ottengano risultati d’eccellenza e altre no, perché alcune città non investano sul loro futuro.
Questo libro fa notare che la classica “funzione di utilità” non è in grado di spiegare il fatto che l’individuo possa scegliere non solo sulla base di incentivi monetari ma anche in base alla propria identità sociale: quello che si è o si vuole essere, per sé o per gli altri.
L’economia giunge sempre un po’in ritardo con le sue funzioni matematiche (quasi sorprendendosi di cose date per scontate da altre scienze), ma, quando arriva al cuore del problema, i framework economici sono sempre illuminanti per chi, occupandosi di management, abbia voglia di modelli semplici e rigorosi.
Per questo vale la pena di leggere il libro di Akerlof.
Uno studioso non nuovo ai modelli efficaci per spiegare la psicologia dell’homo æconomicus.
Ad Akerlof dobbiamo il modello dei “lemons”, vale a dire dei possibili e insidiosi “bidoni” che, in presenza di asimmetria informativa tra chi vende e chi compra, rovinano un mercato. Un modellino, presentato in un articolo del 1970, che gli è valso il Nobel per l’Economia e che ad un aziendalista spiega benissimo il concetto di “quality assurance”.
Dopo la generazione Y si affaccia una generazione M (Mobile) cresciuta con gli smartphone e i tablet. Se il luogo è matrice di identità (patria, casa, ufficio), come si ridefiniranno le identità sociali di consumatori e impiegati ipermobili.
Quali saranno le nuove designazioni sociali, le norme di comportamento corrispondenti a tali designazioni, le “perdite” per sè se tali norme sono violate?
Ho letto recentemente Kahneman , pensieri lenti e veloci. Mi sembra abbia vinto un premio Nobel per l’economia, pur essendo psicologo. Sostiene che le scelte delle persone, e degli economisti, non siano dettate da un’analisi dei costi e dei benefici, ma da bias, “errori” dettati da processi mentali sbagliati, che descrive con precisione. Mi ha fatto pensare a come le grandi scelte dell’umanità siano determinate da meccanismi irrazionali, eppure. … Ci hanno portato, almeno in Occidente, a sviluppo e benessere. Mi incuriosisce il testo che proponete. Me lo procurerò