PRIMAVERA ARABA: IL CASO TUNISIA

 

La Costituzione tunisina del 2014: tra costituzionalismo globale e specificità locale

 

La Tunisia rappresenta uno dei casi più notevoli delle rivoluzioni della Primavera Araba, avviando un processo di transizione che ha condotto all’adozione di una nuova costituzione nel 2014 attraverso il sistema di Bottom-Up (cioè dal basso verso l’alto, quindi mediante un’assemblea costituente eletta direttamente dalla popolazione) . Secondo Tania Groppi, questa carta costituzionale si colloca nel contesto del “costituzionalismo globale”, ossia la tendenza che, dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, ha portato molti Paesi a dotarsi di costituzioni democratiche, influenzate dagli standard internazionali sui diritti umani e la separazione dei poteri. Nonostante l’influenza globale, la costituzione tunisina mantiene elementi di identità nazionale, come la centralità dell’Islam e il riferimento alla “rivoluzione dei gelsomini” che ha segnato l’inizio del processo democratico nel 2011. Essa ha garantito diritti fondamentali, introducendo un sistema semipresidenziale, e promuovendo la partecipazione politica attraverso un processo costituente partecipativo.

 

Tuttavia, l’evoluzione del sistema tunisino ha incontrato diverse difficoltà. Nel testo di Francesco Biagi ( Tunisi: la primavera araba sfiorisce in stato d’eccezione doi: 10.1439/102860 – Quaderni costituzionali [ISSN 0392-6664] Fascicolo 4, dicembre 2021) si analizza come la crisi economica e sociale che ha colpito il Paese negli ultimi anni, aggravata dalla pandemia, abbia portato a forti conflitti istituzionali. Il Presidente Kaïs Saïed, il 25 luglio 2021, ha dichiarato lo stato d’eccezione, invocando l’art. 80 della Costituzione per concentrare nelle sue mani il potere esecutivo e legislativo. Queste azioni sono culminate nell’emanazione del decreto presidenziale n. 2021-117, che ha sospeso il parlamento e consolidato un sistema iper-presidenziale, di fatto compromettendo la democrazia rappresentativa. Biagi osserva che, nonostante queste misure drastiche, una parte significativa della popolazione sembra sostenere il presidente, riflettendo il persistente malcontento verso le élite politiche.

 

Questi eventi segnano un’involuzione rispetto al percorso di democratizzazione tracciato con la Costituzione del 2014, portando la Tunisia su un cammino di forte incertezza politica, con il rischio di un ritorno all’autoritarismo.


Dalla Costituzione del 2014 al Presidenzialismo di Kaïs Saïed

 

Possiamo dire che la Tunisia abbia vissuto un percorso politico tumultuoso negli ultimi anni, passando da una delle costituzioni più democratiche del mondo arabo, approvata nel 2014, a un nuovo testo costituzionale fortemente autoritario adottato nel 2022. Dopo la rivoluzione del 2011, la Costituzione del 2014 rappresentava una svolta verso un sistema semipresidenziale, con meccanismi di checks and balances che limitavano il potere del Presidente, garantendo l’equilibrio tra i poteri esecutivo, legislativo e giudiziario. Questo processo era il risultato di un approccio inclusivo e partecipativo, che coinvolgeva ampi strati della popolazione e delle forze politiche.


L’involuzione del 2021 e la nuova Costituzione del 2022

Tuttavia, questa transizione democratica è stata messa in crisi con l’avvento del Presidente Kaïs Saïed. Come abbiamo detto nel luglio 2021, Saïed ha invocato lo stato di eccezione congelando i lavori parlamentari, sospendendo l’immunità dei deputati e accentrando i poteri nelle sue mani. La situazione si è aggravata ulteriormente con il decreto presidenziale n. 2021-117, che ha segnato l’inizio di un sistema iper-presidenziale. Il culmine di questa trasformazione è stato raggiunto con il referendum del 25 luglio 2022, che ha approvato una nuova costituzione con un basso tasso di partecipazione (solo il 30,5% degli elettori) a causa del boicottaggio di vari partiti e associazioni (costituzione che è dunque stata effettuata ed approvata mediante il sistema Top-Down cioè scritta direttamente dall’organo Presidenziale e dal Governo) .

La nuova costituzione del 2022 abbandona il sistema semipresidenziale per adottare un modello presidenziale autoritario, in cui Saïed detiene ampi poteri esecutivi e legislativi. Il Presidente può ora nominare e destituire il Primo Ministro e i ministri a sua discrezione, e il Governo è responsabile solo davanti a lui. Inoltre, il Presidente ha il potere di sciogliere il Parlamento e controllare l’iter legislativo, con la possibilità di presentare leggi con priorità, approvare decreti e sottoporre progetti di legge a referendum. Questi poteri straordinari, uniti al fatto che la nuova costituzione non prevede più un controllo efficace da parte della Corte costituzionale, confermano la deriva autoritaria del sistema.


Il ruolo dell’Islam e la questione della democrazia

 

Un altro aspetto significativo della nuova Costituzione è il cambiamento riguardante il ruolo dell’Islam. L’articolo 5 della nuova Carta introduce il concetto dei “Maqasid dell’Islam“, stabilendo che lo Stato, in un sistema democratico, deve lavorare per realizzare gli obiettivi dell’Islam. Questo cambiamento ha generato un dibattito sulla possibilità di una deriva verso uno Stato teocratico. Inoltre, la nuova Carta non definisce più la Tunisia come uno “Stato civile“, eliminando una disposizione chiave presente nella Costituzione del 2014.


IN SINTESI

La Tunisia, che una volta era considerata un faro di speranza per la democrazia nel mondo arabo, si trova ora in una fase critica. Le tensioni istituzionali e le difficoltà economiche hanno messo in crisi il sistema costituzionale del 2014, aprendo un dibattito sul futuro del Paese e sulla capacità delle istituzioni di resistere alle pressioni autoritarie.

In definitiva, la Costituzione del 2022 ha segnato un ritorno verso un presidenzialismo autocratico, simile a quello del regime di Ben Ali, ma con una giustificazione legittimata da un contesto di crisi e di presunta necessità politica. L’assenza di un processo partecipativo e il controllo pressoché totale del Presidente sulla politica nazionale pongono seri interrogativi sul futuro della democrazia in Tunisia, con il rischio di una deriva autoritaria e di un indebolimento ulteriore delle istituzioni democratiche. La Tunisia, un tempo simbolo delle aspirazioni democratiche delle Primavere Arabe, rischia ora di scivolare verso una dittatura presidenziale.

 

 

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