Il Progresso è una parola che caratterizza la scienza nell’ottica di ciò che è futuro, mentre il presente rimane Ricerca.
In Scritti Corsari (1) Pasolini produce una distinzione dicotomica tra sviluppo e progresso: la tecnica non produce progresso, bensì sviluppo di disponibilità tecnica. Infatti la tecnica non ha scopi da realizzare, non ha scenari di salvezza da fare raggiungere, la tecnica è una strumentazione che tutti desiderano avere.
Il progresso si distingue dallo sviluppo perché il progresso è un miglioramento delle condizioni umane, è elevazione di stato sociale ed economico, il progresso è fare stare meglio le persone.
Ma Chi è che vuole lo sviluppo e chi è che vuole il progresso?
Secondo la distinzione pasoliniana, lo Sviluppo, concepito non quale concetto astratto e generale, ma riferito a questo sviluppo, ovvero quello posto in essere e mosso dalla società postmoderna e capitalista è voluto da una Destra economica, dagli industriali che mediante la tecnologia, applicazione della scienza, ha creato la possibilità di una industrializzazione illimitata i cui caratteri sono globali e transnazionali, e quindi i consumatori di beni superflui accettano irrazionalmente questo sviluppo. La massa dunque vive per lo sviluppo, vive in una società liquida, perché lo sviluppo permette una promozione all’interno della società della tecnica ove i singoli non sono individui ma funzionari di apparato tecnico. Lo sviluppo ha quindi sostituito il carattere strumentale dell’ideologia diventando un fatto pragmatico ed economico.
Chi è a volere il progresso?
A volere il progresso sono invece gli sfruttati dal sistema capitalistico, gli operai e il proletariato che vedono nel progresso, con ingenua speranza, una nozione ideale, sociale e politica di lotta interclasse e di trasformazione della società contemporanea. Non è detto che lo sviluppo dei mezzi tecnici costituisca automaticamente Progresso, perché può anche comportare un peggioramento della condizione dei ceti sociali. La produzione della tecnica, o meglio delle tecniche che conducono all’efficienza dei fattori produttivi, non è per forza produzione di Felicità (η ευδαιμονία).
È da domandarsi dunque: Che cosa Vuole la Tecnica?Io risponderei a tale domanda con la risposta che Nietzsche si diede alla domanda “Che cosa vuole la Volontà di Potenzia?” La volontà di potenza vuole solo se stessa. Tutti noi vogliamo lo sviluppo della tecnica perché è la condizione di realizzazione di qualsiasi scopo (ο τέλος).
L’uomo vuole -ingenuamente- lo sviluppo della strumentazione universale che non coincide necessariamente però con il miglioramento delle condizioni umane.Il sistema capitalistico aumenta le condizioni per fare crescere lo sviluppo, e tale sviluppo industriale, che tutti noi conosciamo, sta andando verso una direzione di logoramento delle risorse umane sulla Terra, lo sviluppo industriale sta de facto usurando la Terra. Secondo Severino nel testo “il declino del Capitalismo”(2) la Tecnica eliminerà il Capitalismo.In che modo? Ad oggi però è veramente così?
Il Capitalismo per sopravvivere è destinato a passare dall’uso della terra alla sua usura, ma siccome la terra è il fondamento della ricchezza e la condicio sine qua non è impossibile creare profitto, e quindi il Capitale, il Capitalismo è costretto a ricorrere due Dominii: il Profitto e La Tecnica. Ci dovrà pertanto essere, auspica Severino, l’autolimitazione del profitto e del Capitalismo stesso. La tecnica rallentando l’usura della terra costringerà il Capitalismo a depotenziarsi, anzi, a depotenziare e deincrementare la sua prepotenza e la sua arroganza(η ύβρις).
È quindi la tecnica -secondo Severino- che salvaguarderà l’umanità, creando così l’effetto autolimitativo dello sviluppo capitalistico. Bisogna ricordare che quindi sarà necessario arrivare alla decrescita, al punto di non circondarci più di oggetti superflui, di non accumulare elementi inutili e dunque Liquidi, il che non significa rinunciare alla felicità, ma significa rinunciare a ciò di cui abbiamo meno bisogno nella convinzione di salvaguardare un bene più grande: la nostra comunità.
–la tecnica come soggetto della storia.
Il soggetto della storia non è più l’uomo come nell’ Umanesimo, non è più Dio come nel medioevo, non è più la ragione come nell’illuminismo, bensì il soggetto della Storia è diventata la Tecnica e non nella sua accezione di “ragione strumentale”(3) all’uomo, bensì come soggetto centrale che utilizza essa stessa l’uomo come funzionario nelle mani dell’apparato tecnico.Si ricordi che la razionalità tecnica, come tutti gli eventi culturali nella storia dell’umanità , diffonde alcuni valori permeanti: in questo caso diffonde valori quali l’efficienza e la produttività. Marx già nel 1840 (4) scrisse una frase emblematica e che ancora ad oggi è icastica perché realizzatasi: “Tutti sono persuasi dal denaro quale mezzo per soddisfare i bisogni e produrre i beni, se il denaro diventa la condizione universale per soddisfare i bisogni per produrre qualsiasi bene, il denaro non è più mezzo ma FINE la cui realizzazione dipenderà solo da quanto verrá prodotto”. Karl Marx quindi già nei manoscritti economico filosofici annunciava quella che poi verrà definita “Funzione allocativa del mercato”, ovvero l’allocazione ottimale delle risorse economiche, quale efficienza della produzione dei beni che comporta sempre l’allocazione ottimale dei mezzi di produzione e quindi al massimo Profitto(5). Se la tecnica diventa la condizione universale per realizzare qualsiasi scopo la tecnica non è più un mezzo ma è il primo scopo (ο πρώτος τέλος) che tutti desiderano, che tutti vogliono, è quindi il desiderio desiderante che desidera l’efficienza e la produttività, unici valori perpetrati dalla società postmoderna della tecnica, perché senza quello scopo e senza il suo potenziamento tutti gli scopi diventano desideri irrealizzati.
Heidegger(6) pensa alla tecnica come svelamento delle potenzialità della natura, rientrante nella storia della verità. Per Heidegger l’uomo non è più concepito quale individuo con una sua identità , ma l’uomo come funzionario tecnico dell’apparato sociale.
La tecnica non è una grundnorm, la tecnica è in mezzo a noi, modifica il nostro sentire , modifica il nostro percepire, modificherà sempre il nostro modo di pensare. In “L’Abbandono”(7) Heidegger ci dice che inquietante non è il fatto che il mondo si traduca in apparato tecnico ma inquietante è che non ci sia nessuna consapevolezza di tale traduzione del mondo, ed ancora più inquietante è che non disponiamo di un pensiero alternativo al pensare tecnico, perché nella società della tecnica il modus pensandi è quello di avvicinarsi sempre di più al pensare di un calcolatore: è fare i conti, in un mondo che gira attorno alle attività e alle passività del rendiconto e del bilancio, che sia di un’azienda o che sia dello Stato poco importa, l’uomo si sta meccanizzando e ai giorni nostri possiamo tranquillamente dire che tale previsione si è di fatto compiuta.Siamo dunque all’interno dell’era della Tecnica, in una società postmoderna e in una società liquida(8), dove la tecnica e la tecnologia sono l’essere in divenire , l’unica costante è il cambiamento e l’unica certezza è l’incertezza del futuro.
Viviamo in una società tardo capitalistica dove il consumo è centrale, il consumismo che non mira al possesso di oggetti di desiderio in cui soddisfare il proprio desiderio, ma che rende gli oggetti di cui ci circondano quotidianamente completamente obsoleti e il singolo individuo passa da un consumo all’altro in una sorta di bulimia senza scopo, anzi uno scopo c’è: il raggiungimento assoluto della tecnica.
Viviamo in una società liquida perché viviamo la convinzione che il cambiamento sia l’unica cosa permanente e che l’incertezza si l’unica certezza, in un contesto dove l’individuo è merce mercificante portandolo ad essere mero consumatore e non più soggetto centrale nella dialettica storica.Possiamo dunque concludere che se non avverrà quanto detto da Severino, si delineerà ciò che già iniziato a delinearsi, ovvero la situazione (distopica) in cui il Progresso ha reso e renderà maggiormente inutile il lavoro di massa in relazione al volume della produzione.
Scritto da Daniele Luigi.
Note:
(1) Pasolini, Scritti Corsari 1973-1975(2) Emanuele Severino, Declino del Capitalismo(3) scuola di Francoforte (Durkheim, Marcuse, Horkheimer, Adorno)(4) Karl Marx, Manoscritti economico filosofici, 1844(5)Musgrave “the theory of the public finance”(6) Heidegger “La questione della tecnica”(7) Heidegger “L’Abbandono “(8)Zigmunt Baumann “Modernità Liquida” 1999
BIBLIOGRAFIA:
GALIMBERTI, L’età della tecnica e la fine della storia
Galimberti, L’uomo nell’età della tecnica 2011