COME SI PUÒ PROGREDIRE POSITIVAMENTE?
Una ricerca filosofica sulla dimensione del progresso

Di Elena Soppelsa

INTRODUZIONE
Cosa significa progresso?
Etimologicamente la parola “progresso” deriva dal latino progrēdi e significa “andare avanti”, e mai
come ora questo termine ci appartiene.
Quando sentiamo parlare di “progresso”, infatti, non possiamo fare a meno di pensare alla dimensione
tecnologica, a cui spesso e volentieri viene associato tale termine, la quale, con la sua evoluzione
continua, invade violentemente le nostre vite: siamo infatti costantemente obbligati ad adattarci e
formarci per far fronte agli avanzamenti del sistema. Chi non lo fa resta indietro inevitabilmente.

Se ci limitiamo ad analizzare il mero termine “Progredire”, questo ha normalmente un’accezione
positiva: chi non progredisce non può cambiare né migliorare.
La stessa definizione di questo termine in Treccani è: «Avanzamento in senso verticale, verso gradi
o stadi superiori, con implicito quindi il concetto del perfezionamento, dell’evoluzione, di una
trasformazione graduale e continua dal bene al meglio»1.

Tuttavia, a volte pare che il progresso così come lo intendiamo abbia anche dei risvolti negativi; ciò
che ci chiediamo qui è dunque: il progresso è sempre positivo? Progredire è una questione più legata
alla tecnica o alla dimensione personale?

1.1. IL PROGRESSO IN SENSO TECNICO-SCIENTIFICO

I filosofi si sono spesso interrogati sull’importanza del progresso.
In particolare, Jean-Jacques Rousseau dedica ad esso un’intera opera, scritta nel 1750, intitolata
Discorso sulle scienze e sulle arti(2).

(1)Da Progresso, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell’Enciclopedia Italiana.
(2)Jean-Jeacques Rousseau, Discorso sulle scienze e sulle arti. Sull’origine della disuguaglianza tra gli uomni, RCS,
Milano 1997.

Secondo Rousseau, l’uomo allo stato di natura è buono, mentre, nel momento in cui viene
contaminato dalla civiltà e dalla cultura, è soggetto a corruzione.
Perciò, mentre per gli uomini attorno a lui scienza e tecnica sembrano sinonimo di miglioramento
delle condizioni umane, per il filosofo ginevrino in realtà ambedue queste dimensioni sono simbolo
di un vero e proprio danneggiamento dell’umano.
Tecnica e scienza portano gli uomini ad attribuire un’eccessiva importanza ai beni materiali, facendo
perdere il focus sulla persona umana: con il lusso del progresso tecnico diventiamo egoisti e perdiamo
di vista il bene comune.

La società perde perciò anche la sua dimensione civile e politicamente corretta: il progresso tecnico-
scientifico per Rousseau è nemico del progresso personale.

Riprendendo quindi l’analisi del filosofo illuminista, questo è probabilmente ciò che possiamo
riscontrare al giorno d’oggi con la dimensione tecnologica: i social media, simbolo di questo
cosiddetto “progresso”, risultano essere spesso simbolo di confusione, di nichilismo, che ci porta allo
spaesamento e all’abbandono della nostra stessa essenza a favore di un mondo superficiale, voluto e
creato da altri, da una classe al potere che muove i fili di questo teatro che è la realtà contemporanea.

Il progresso, se lo vediamo quindi nell’ottica tecnico-scientifica (o tecnologica), è un bene fino a un
certo punto, superato il quale diventa potenzialmente nocivo.

Frutto di questa sua nocività, quindi, sarebbe la nostra incapacità di fargli fronte: ci illudiamo di saper
gestire gli avanzamenti della tecnica, tuttavia non è così; possiamo imparare ad utilizzare i nuovi
strumenti tecnologici, ma quasi nessuno impara a gestirli a livello mentale. Con la conseguenza che
ci lasciamo travolgere da essi, come fossero lava di un vulcano in perenne eruzione.
E così ci sentiamo noi: travolti costantemente da migliaia di informazioni che ci vengono “vomitate”
addosso dai nuovi strumenti tecnologici, che siamo noi stessi a scegliere di utilizzare per stare al
passo con il sistema.

Potremmo quindi dire che questa è la nuova angoscia che affligge l’uomo moderno: mentre per
Kierkegaard l’angoscia derivava dal dover costantemente scegliere, per noi, uomini del terzo
millennio, questo sentimento significa non solo dover scegliere, ma anche essere portati a scegliere
in una confusione mentale che ci priva di ogni certezza o punto fermo, e soprattutto di cui nemmeno
siamo del tutto consapevoli.

Per questo motivo è bene riflettere sull’accostamento delle parole “progresso” e “tecnologia”: sembra
che quello tecnologico non sia un vero e proprio progresso, poiché non può garantire un
miglioramento della persona umana.

1.2. IL PROGRESSO PERSONALE
A livello personale invece, astraendo dalla scienza-tecnica, il progresso è sempre positivo?

Se dovessimo pensare all’idea di una crescita intesa nei termini del miglioramento della persona,
potremmo dire che l’emblema del progresso sta nel bambino: i primi a progredire visibilmente sono
infatti i bambini.

Il primo motivo per cui il bambino è portato a progredire più rapidamente come persona, è
probabilmente la sua ingenuità, intesa anche come una “dolce inconsapevolezza”: se ci pensate, il
bambino si prefigge mete che a noi possono sembrare impossibili, e a volte consegue dei risultati ai
nostri occhi del tutto inaspettati. E questo avviene proprio perché, non ragionando troppo sul fatto
che l’obiettivo preposto pare impossibile, egli non si pone dei limiti al suo raggiungimento. Perciò, a
differenza dell’adulto, il bambino non si sofferma sul passato o sui possibili problemi, ma
semplicemente va avanti. Questo movimento in avanti è già un progredire.
Mi viene in mente una metafora che potremmo utilizzare, tratta dallo studio dello scienziato Antoine
Magnan il quale affermò che l’insetto comunemente conosciuto come “bombo”, pur avendo una
struttura alare sproporzionata, non ne è consapevole e proprio per questo compie continuamente il
miracolo di volare(3)
.

Il secondo motivo a favore del progresso del bambino, è la maggiore conoscenza di sé: lo so, sembra
assurda come affermazione, ma il bambino può conoscere di sé molto più dell’adulto. Mentre noi
infatti tendiamo sempre a mettere in questione chi siamo, poiché influenzati dal clima sociale che ci
circonda, il bambino è invece molto sicuro di quale sia la sua essenza, o ancora meglio le sue
inclinazioni: se una determinata cosa piace a un bambino questi ci saprà dire subito che gli piace, allo
stesso modo, se qualcosa non è di suo gradimento, lo dirà immediatamente.

(3) Tratto da Magnan Antoine, Le Vol des Insectes. Hermann, 1934.
In realtà lo stesso scienziato in seguito smentì la stessa teoria, che tuttavia rimane una metafora molto efficace della forza di
volontà dell’umano.

Noi adulti siamo spesso spaventati della semplicità, ignorando che a volte questa è l’unica via per
individuare davvero chi siamo, e così migliorare/progredire.

Detto ciò, cosa dovremmo imparare dai bambini per poter avere un maggior progresso personale?
Innanzitutto, la “visione”: per poter avanzare positivamente, abbiamo bisogno di assumere uno
sguardo proiettato al presente, ma in vista di un obiettivo futuro; ciò implica doverci liberare dai
pregiudizi che abbiamo rispetto a ciò che ci circonda, in un certo senso svuotare la mente per avere
maggiore lucidità sulla direzione da intraprendere. Questo potrebbe essere equiparato a quella che i
filosofi chiamano epoché, ovvero la “sospensione del giudizio”, che ci permette di costruire una
nuova verità, autonomamente.

In secondo luogo, per progredire personalmente dobbiamo trovare il nostro obiettivo, quello che
Socrate chiamerebbe il nostro dáimon, ovvero il “demone positivo” che ci abita, che ci indica la strada
da seguire, lo scopo ultimo della nostra esistenza.
Ognuno di noi possiede una finalità intrinseca per la quale tutto acquista un senso e che dovremmo
perseguire costantemente: solo individuando tale scopo possiamo progredire, avanzando verso il
miglioramento effettivo di noi stessi.
Il rischio è che molte volte si perda di vista o, peggio ancora, si confonda il dáimon: rincorriamo
obiettivi voluti da altri, cercando di eguagliare dei modelli. Ciò però a lungo andare si rivela essere
un regresso per la nostra persona, anziché un progresso.
Per questo è fondamentale imparare a pensare liberamente, in modo autonomo, proprio come fanno
i bambini, così da poter conoscere a fondo la nostra essenza e progredire.
Nietzsche, in merito a ciò, diceva «diventa ciò che sei»(4) : l’oltre-uomo nietzschiano è proprio la
massima espressione di un uomo che ha colto appieno la propria essenza e ha deciso di portarla avanti,
fino a progredire, travalicando i confini dell’umano stesso.

Conclusioni
In conclusione, potremmo dire che il progresso vero e proprio non è da attribuire come comunemente
si crede all’evoluzione della scienza o, conseguentemente, della tecnica.
Il vero e proprio progresso è reperibile solo nell’avanzamento della persona umana.
Una persona sta progredendo quando si sta avvicinando sempre di più alla realizzazione della sua
natura peculiare, delle sue inclinazioni essenziali.

(4) La citazione in questione è ripresa da un’ode di Pindaro, e ricorre più volte negli scritti nietzschiani.

Il progresso apporta qualità alla nostra vita senza toglierci qualcosa, deve essere quindi adattabile al
nostro modo di essere.

Bibliografia

  • Magnan Antoine, Le Vol des Insectes. Hermann, Parigi 1934.
  • Friedrich W. Nietzsche, Diventa ciò che sei: pensieri sul coraggio di essere sé stessi,
    Marinotti, Milano 2006.
  • Progresso, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell’Enciclopedia Italiana.
  • Jean-Jeacques Rousseau, Discorso sulle scienze e sulle arti. Sull’origine della disuguaglianza
    tra gli uomni, RCS, Milano 1997.

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