di Matteo Mulè.
Inizio l’analisi del concetto di libertà, in particolar modo della “libertà di espressione” con una citazione tratta dal celebre romanzo 1984 di George Orwell, uno dei più grandi scrittori del Novecento. Orwell ha una grande capacità di creare dei mondi utopici, irreali, ma che alla fine non sono tanto distanti dalla realtà che ci circonda e che sono in grado di nascondere tutte le imperfezioni della contemporaneità.
Nel romanzo 1984 il mondo è diviso in tre superstati in guerra fra loro: Oceania, Eurasia ed Estasia. L’autore si sofferma con grande attenzione nel parlare del continente dell’Oceania (una probabile allusione all’Occidente odierno), la cui capitale è Londra ed è governata da questa entità astratta, ma che è costantemente presente, ovvero il Grande Fratello, che tutto sa e tutto vede.
Come ogni forza di potere, il Grande Fratello dispone di organi di controllo nei confronti della popolazione civile, che gli permettono di mantenere salda e stabile la sua posizione. Ci sono queste telecamere posizionate in tutti gli anfratti della città che analizzano ogni attimo della vita dei cittadini e sono pronte a segnalare i comportamenti sospetti alla “psicopolizia”, il braccio armato del Grande Fratello, pronta a correggere ogni anomalia del comportamento.
Ora cercherò di spiegarmi meglio, all’interno del continente dell’Eurasia le persone non vivono male, non sono povere. Tutti i cittadini dispongono di una casa, di un lavoro e di cure altamente specializzate. Insomma, il partito che governa in modo dittatoriale il continente fornisce ai cittadini tutto ciò di cui hanno bisogno ai fini della sopravvivenza, purché loro non mettano mai in discussione quanto stabilito dal Ministero della Verità. Quest’ultima è l’istituzione più forte e influente all’interno dell’Eurasia, dove tra l’altro lavora il protagonista del romanzo. Al di fuori del palazzo del Ministero della Verità (e qui, ora, mi ricollego al titolo) è inciso in una targa commemorativa, il motto del Grande Fratello: LA GUERRA È PACE, LA LIBERTÀ È SCHIAVITÙ, L’IGNORANZA È FORZA.
Si può notare subito che queste parole sono in antitesi tra di loro, ma riassumono perfettamente il messaggio che l’autore vuole trasmettere ai propri lettori: la verità, la realtà, la libertà sono tutti concetti opinabili, che chi è al potere può manovrare e modificare a proprio piacimento. Il Grande Fratello per poter garantire la propria sopravvivenza e quella del popolo, deve far credere ai propri cittadini che anche la guerra sia una cosa positiva, che la libertà non porti altro che alla schiavitù e che l’ignoranza sia un elemento positivo ai fini della costruzione di una società civile.
A mio parere Orwell (e questo è un mio pensiero che in nessun modo voglio far passare come verità), in 1984, non fa riferimento ad una dittatura in particolare, ma ad un insieme di elementi che si possono trovare nei vari reggimenti del passato e del presente a lui contemporaneo, di cui fanno parte anche le società di massa, sempre più tecnocratiche, dell’Occidente post Seconda Guerra Mondiale. Ora non analizzerò tutto il romanzo, perché, probabilmente, richiederebbe un trattato filosofico in termini di lunghezza e tempo, ma soprattutto credo che sia un’opera che meriti una lettura completa da parte di tutti. Quello su cui vorrei concentrarmi è la riflessione che Orwell ci offre per quanto riguarda il concetto di Verità, nel senso più ampio del temine. Ogni forma di potere, da quelle passate a quelle presenti, hanno sempre mirato al controllo della cultura e della sua trasmissione, cercando di limitare, il più possibile, la libera circolazione del pensiero e delle idee. Difatti un elemento caratteristico del Ministero della Verità è quello di imporre ai cittadini un categorico divieto: vietato pensare.
In Eurasia non ci sono libri provenienti da altri continenti, la televisione di stato trasmette incessantemente una propaganda roboante e alimenta la paura di cittadini con conflitti che, in realtà, non esistono. Ogni contenuto e ogni comportamento è passato sotto la lente d’ingrandimento del Ministero della Verità. In 1984 si ha la perfetta realizzazione di quella società tecnocratica profetizzata con timore da Heidegger e in parte attuata dalla Germania nazista, in cui gli uomini sono chiamati a rispondere al loro dovere senza provare alcun sentimento, con il fine di portare avanti la macchina statale.
Questa transizione da uomo a macchina, in cui non è più importante vivere ma sopravvivere, si sta vivendo anche nelle società Occidentali, dove un apparato tecnico ci chiede di essere sempre più efficienti ed efficaci nelle nostre scelte, tralasciando ciò che ci rallenta. La verità sul mondo che ci circonda e sui noi stessi passa in secondo piano, di fronte ai grandi problemi economici e politici che hanno sempre priorità sul resto. La letteratura, nelle sue varie forme, è l’unica possibilità che abbiamo per fermarci, riflettere senza fretta e scoprire quelle verità nascoste sul mondo e sui noi stessi, che probabilmente non servono, ma che forse ci permettono di vivere e non di sopravvivere. Esiste un antico proverbio armeno che recita così: Regala un cavallo a chi dice la verità, ne avrà bisogno per fuggire.
Bibliografia.
Calvino Italo, Lezioni americane, Mondadori, Cles, 2016.
Orwell George, 1984, traduzione italiana a cura di Stefano Manferlotti, Mondadori, Cles 2019
Note:
- George Orwell, 1984, traduzione a cura di Stefano Manferlotti, Mondadori, Cles, 2019
- Consiglio, a tal proposito, la lettura della biografia di Kurt Hubert Franz, comandante del campo di sterminio si Treblinka .
- Per un ulteriore approfondimento sul ruolo della letteratura nella contemporaneità rimando alle Lezioni Americane di Italo Calvino.