Scritto da Luigi Daniele
L’ utopia nasce dal neologismo di Thomas More, col quale intitola la sua celeberrima opera del 1516, un romanzo filosofico in cui si narra di un’isola detta utopia dove la vita è all’insegna dell’abolizione della proprietà privata e dell’intolleranza religiosa.
Utopia significa sia non luogo ού τοπία sia luogo felice ευ τοπία , da qui Moro crea un nuovo genere letterario ed un nuovo paradigma filosofico.
Tema dell’utopia si riscontrano altre due utopie contemporanee a quella di Moro, ovvero la Città del Sole di Campanella, dove ci si focalizza sulle speranze di una religione che sia universale e la seconda che è la Nuova Atlantide di Bacone nel pieno della rivoluzione moderna racconta i portentosi successi di cui godrebbe una società guidata dalle macchine e dagli scienziati.
Nel “libellus vere aureus necinus salutaris quam festivus de optimo rei pubblicae stati deque nova insula Utopia“, il mondo ideale descritto dall’autore viene situato in un’isola in cui la vita è regolata da saggio ordinamenti che consentono uno sviluppo sereno ed armonico dei cittadini, mettendoli al riparo dalle insidie del lusso e dalle minacce della povertà.
Nell’utopia di Moro vi sono quindi caratteristiche quali l’assenza di contrasti sociali, la libertà di parola, libertà di pensiero, e religione ed uguaglianza.
L’isola viene concepita come un luogo separato, come un luogo lontano, l’isola è un mondo ideale dove la vita dei cittadini viene ripartita tra turni di lavoro in città ed in campagna in modo tale da promuovere al massimo forme comunitarie di vita mediante ad esempio l’uso di prendere i pasti in comune.
Nel testo scritto da Moro non c’è solo la concezione di un mondo ideale, non c’è solo l’edificazione di un nuovo metodo letterario narrativo, bensì vi è la costruzione di una società ideale.
In questa società ideale la proprietà privata viene individuata quale fonte dei mali e dei conflitti sociali, viene instaurata una Comunanza dei beni e si cerca di indurre il disprezzo tanto per le ricchezze quanto per loro che viene tesaurizzato solo per bisogni della comunità: insomma l’utopia viene individuata quale modello di società e di comunità ideali contrapposte a quelle esistenti.
Altri scritti riconducibili al tema dell’utopia possono quindi essere riscontrate ad esempio nell’opera di Bacone Nuova Atlantide del 1624, come già detto ut supra, ma anche i viaggi di Gulliver del 1726 di Swift, oppure il Mondo Nuovo 1932 e – sempre riprendere il tema dell’isola quale mondo ideale lontano e immaginario – l’isola di Huxley.
In questo articolo, a dire la verità, non ci dobbiamo però concentrare tanto sull’ Utopia intesa nella sua accezione filosofica.
Qui è ora di focalizzarsi sugli aspetti politico sociali, ovvero integrando il concetto di utopia a quello della società contemporanea del 21 esimo secolo, ovvero altresì costruendo l’idea di una nuova società, fondata su principi e valori che rispecchino l’avanzare ed il divenire del tempo e dell’umanità stessa.
Mi sto riferendo al concetto che qui chiamo Città Futura, Metropolis quale spazio utopico capace di unire i 2 concetti di ou topos e eu topos , la polis come non luogo ideale e come spazio felice in cui realizzare tutti i valori e tutte le azioni tendenti al bene.
Più di tutti l’autore che rappresenterebbe tale teoria filosofica è di sicuro Nozick con il suo scritto ” Anarchia, Stato ed Utopia” del 1974.
Se lo stato non esistesse, sarebbe necessario inventarlo? John Locke, che per prima teorizzò il liberalismo, avrebbe sicuramente risposto di no. Robert Nozick, discendente di quella tradizione filosofico-politica, oggi sostiene di sì.
La sua formula à quella dello “stato minimo“, che il filosofo statunitense ritiene inevitabile per costruire società capaci di vivere in libertà.
Posta una ferrea difesa dei diritti individuali contro lo stato, vi è una vigorosa difesa del libertarismo minarchico contro visioni più estreme, come l’anarco–capitalismo (in cui non esiste uno Stato e gli individui devono contrattare con società private per tutti i servizi sociali).
Nozick sostiene che l’anarco–capitalismo si trasformerebbe inevitabilmente in uno stato minarchico , anche senza violare nessuno dei suoi stessi principi di non aggressione , attraverso l’emergere di un unico sistema di difesa privato e giudiziario dominante a livello locale, agenzia con la quale è nell’interesse di tutti allinearsi perché altre agenzie non sono in grado di competere efficacemente contro i vantaggi dell’agenzia con copertura maggioritaria.
Pertanto, anche nella misura in cui è corretta, la teoria anarcocapitalista si traduce in un’unica agenzia di protezione privata che è essa stessa uno “stato” de facto. Quindi l’anarcocapitalismo può esistere solo per un periodo limitato prima che emerga uno stato minimalista.
Nozick si schiera a favore di uno stato minimo , “limitato alle ristrette funzioni di protezione contro la forza, il furto, la frode, l’applicazione della legge contratti” .
Quando uno Stato si assume più responsabilità di queste, sostiene Nozick, i diritti verranno violati.
Per sostenere l’idea dello stato minimo, Nozick presenta un argomento che illustra come lo stato minimalista nasca naturalmente da uno stato di natura lockiano e come qualsiasi espansione del potere statale oltre questa soglia minimalista sia ingiustificata.
Dalla giustizia al lavoro, dalla solidarietà alla cooperazione, Nozick si interroga sulle legittime funzioni dello Stato.
Gli individui hanno dei diritti e ci sono cose che nessuna persona o nessun gruppo di persone può fare loro senza violare i loro diritti.
Lo Stato è giustificato solo quando è severamente limitato alla ristretta funzione di protezione contro la forza, il furto e la frode e all’esecuzione dei contratti. Qualsiasi attività più estesa da parte dello Stato, dimostra, violerà inevitabilmente i diritti individuali.
Nozick con questa opera partorisce un’importante nuova teoria della giustizia distributiva, un modello di utopia e un’integrazione di etica, filosofia giuridica e teoria economica in una posizione profonda nella filosofia politica che sarà discussa negli anni a venire in aperto contrasto con John Rawls.
Senza focalizzarsi troppo sulla teoria generale prendiamo qui in considerazione due concetti che possono essere alla base della nostra Metropolis: lo stato di Natura e l’utopia.
LO STATO DI NATURA
Partendo dalla concezione lockiana dello stato di natura, Nozick si chiede: Se si potesse dimostrare che una società anarchica è peggiore di una che ha uno Stato, dovremmo scegliere la seconda come alternativa meno cattiva?
Per confrontare in modo convincente i due, sostiene, non ci si dovrebbe concentrare su una visione estremamente pessimistica né estremamente ottimistica di quella società. Bisognerebbe invece:
[…] concentrarsi su una situazione non statale in cui le persone generalmente soddisfano i vincoli morali e generalmente agiscono come dovrebbero […] questa situazione di stato di natura è la migliore situazione anarchica che si possa ragionevolmente sperare. Quindi indagarne la natura e i difetti è di cruciale importanza per decidere se debba esistere uno Stato piuttosto che un’anarchia.
— Robert Nozick, Anarchia, Stato e Utopia , edizione ristampa 2013, p. 5
Il piano di Nozick è quello di descrivere innanzitutto le azioni moralmente ammissibili e inammissibili in una società così apolitica e come le violazioni di tali vincoli da parte di alcuni individui porterebbero all’emergere di uno Stato.
Se ciò accadesse, ciò spiegherebbe l’apparenza anche se nessuno stato si fosse effettivamente sviluppato in quel modo particolare.
Ogni individuo così ha il diritto di esigere un risarcimento da solo ogni volta che un altro individuo viola i suoi diritti.
Anche punire l’autore del reato è accettabile, ma solo nella misura in cui a lui (o ad altri) sarà impedito di farlo di nuovo.
Perciò non serve lo stato, ma agenzie di mutua protezione.
Nozick ritiene che Locke avesse torto nell’immaginare un contratto sociale necessario per stabilire la società civile e il denaro.
Egli preferisce le spiegazioni della mano invisibile, vale a dire che gli accordi volontari tra individui creano modelli di vasta portata che sembrano essere stati progettati quando in realtà nessuno lo ha fatto.
Ed è così che si giunge alla concezione dello Stato come Guardiano notturno.
UTOPIA
Lo Stato tutela i diritti individuali e garantisce che i contratti e le altre transazioni di mercato siano volontari.
Il quadro meta-utopico rivela ciò che è stimolante e nobile in questa funzione di guardia notturna.
Entrambi contengono l’unica forma di unione sociale possibile per gli agenti atomistici razionali di Anarchia, Stato e Utopia , associazioni pienamente volontarie di reciproco vantaggio.
L’utopia viene concepita come metautopia, un disegno di migrazione involontaria tra utopie che tendono verso mondi in cui tutti i beneficiano della presenza degli altri.
È questo che dovrebbe essere lo Stato del guardiano notturno di Locke, cioè quel particolare modello di Stato di natura in cui lo stato viene limitato al minimo, e le cui funzioni dipendono dalle teorie libertarie.
I libertari lo sostengono come difensore del principio di non aggressione fornendo ai cittadini solo l’esercito, la polizia e di tribunali, proteggendo dall’aggressione, dal furto, dalla violazione dei contratti, dalla frode e facendo rispettare le leggi sulla proprietà: questa teoria viene concepita come teoria minarchista, ovvero dello Stato minimo.
La POLIS
È così che quindi immagino la mia città futura, Metropolis, dove ogni cittadino risponde solamente a se stesso ed alla propria coscienza, è così che concepisco la città, la Polis, intesa come un non luogo ideale e ameno, come l’isola di More o di Huxley, come la città del sole di Campanella, come la nuova Atlantide di Bacone, luoghi ideali e sacri in cui la società riesce ad ridistribuire le ricchezze ed i beni senza l’imposizione fiscale di una sovrastruttura che governa i cittadini in nome di una legge che in Fondo non rispetta nessuno.
E così che immagino la città futura, all’avanguardia, futuristica e post moderna, in cui il sapere viene espanso a tutti i cittadini e membri della collettività, dove tutti abbiano veramente la stessa possibilità di studiare, dove non esistono scuole private , ma dove i cittadini, organizzati in associazioni riescano ad unirsi ed a promuovere lo studio e la ricchezza gnoseologica della nostra cultura.
È così che dovrebbero essere la città del futuro, le leggi che dovrebbe essere concepite in codici ma che sia disciplinanti dello stretto necessario, ovvero del minimo, la legge penale intesa come Extrema ed ultima ratio , una burocrazia sine ratio rimane inutile e dannosa ai fini dell’edificazione della nostra Metropolis.
Le leggi sociali siano di competenza di accordi sociali, stretti dalla comunità, un contratto sociale che renda pacifica la nostra esistenza, una sorta di anarchia capitalista dove la morale e l’etica regnano sovrane nella coscienza dei consociati.
Non è un avvenire così utopico, se ci pensiamo bene.
Questo è uno scritto per il nuovo umanesimo.