I mercati della Repubblica Veneta

In uno studio storiografico dell’esimia Paola Lanaro, ordinaria alla Ca Foscari di Venezia, datato 1999, si riporta alla luce, con opportuno scavo archivistico, la centralità e la portata storica dei mercati della Serenissima e della Repubblica Veneta, importanza ricoperta a partire dall’età bassiomedioevale, passando per l’età moderna sino all’inizio dell’età contemporanea (si parla di XV-XVIII secolo), in cui la Repubblica di Venezia signoreggiava nello scenario finanziario, economico, commerciale, culturale internazionale (la sua profonda involuzione, si ripercuoterà sulla sua indiscussa ricchezza, e porterà alla sua decadenza nel 1797, data simbolo della sua dissoluzione).

I temi dell’insorgenza degli stati regionali, o territoriali, e delle economie cittadine, sono argomenti centrali della ricerca storica, riguardanti gli antichi stati italiani, eminentemente nella area geopolitica centro-settentrionale.

L‘orientamento storico, a parere della professoressa, sembra più direzionato sulla formazione di regioni politiche, ovvero sulle regioni il cui controllo è esercitato dagli organismi istituzionali, quali lo stato, per dirne uno, oppure da altri centri di potere minoritari. Pare invece che gli storiografi abbiano meno interesse sul contenuto economico implicato nel processo di siffatta insorgenza territoriale. Uno studio di Elena Fasano, aveva ricalcato come, per lo stato fiorentino mediceo, la natura politica del principe, avesse dimostrato la sua forza di autorità e la sua ferocia, la sua potenza schiacciante e la sua capacità irreversibile di soggiogare le comunità limitrofe.

La spietatezza e la crudeltà di una figura come il principe, sono aspetti cari al nobile fiorentino Machiavelli, al che teorizzava concetti come la ragion di stato, le milizie cittadine, le istituzioni, e come l’Italia dovesse ricentralizzarsi, nel panorama politico internazionale, con l’unificazione della penisola, e con l’istituzionalizzazione dello Stato in una Repubblica. Il particolarismo, la fragilità delle istituzioni segna l’iter poietico dello stato regionale. Per quel che riguarda il principato di Milano, non si può parlare di supremazia produttiva milanese nella misura in cui, prendendo come esempio i prodotti tessili, anziché essere della città omonima fossero della Lombardia. Questo segnala come, nell’Italia centrosettentrionale, non si possa sempre parlare di supremazia e primati, eminentemente per città di esteso dominio, ma bisogna badare alla complessività e alla generalità della regione politica, mettendo sempre in relazione ricchezza dello stato e ricchezza della città, previo inquadramento del sistema economico allo stato regionale facente capo. Eccezion fatta per la città di Venezia.

La politica veneziana tese a indebolire le altre città che svolgevano un importante ruolo economico internazionale e le relegò in una posizione di sudditanza, sopratutto per quanto riguarda il settore delle esportazioni manifatturiere, dalla funzione commerciale del porto lagunare e del mercato del capoluogo Veneto. Ciò nondimeno, è nel caso della repubblica veneta che si può parlare di policentrismo dello stato, ovverosia la presenza di più centri di potere, in cui lo stato non è centralizzato e consegnato alle mani di un singolo organismo istituzionale, ma il potere è distribuito e parcellizzato uniformemente tra le varie articolazioni politico-istituzionali.

Ma cosa significano, per l’autrice dello studio, le espressioni “stati regionali” ed “economie cittadine”? Per stati regionali si intendono estensioni territoriali e demografiche più consistenti, rispetto alle pregresse signorie, decadute dopo i comuni. Gli stati regionali nascono dalla pretesa dei signori di cercare di ampliare il proprio territorio e, per farlo, i signori scenderanno, facendo guerriglia, contro le città vicine. I principali stati regionali che sorsero tra l’età bassomedioevale e l’età moderna sono il Ducato di Milano, la Repubblica di Firenze, la Repubblica di Venezia, lo Stato della Chiesa e il Regno di Napoli. Mentre per economie cittadine si intende l’economia cittadina bassiomedioevale caratterizzata dal predominio delle città sul districtus, vale a dire il contado. Il territorio, in questo tipo di economie, aveva visto il completo vincolo di soggiogamento alle istanze cittadine. Le forze urbane avevano cementato una maglia di relazioni economiche che definivano il quadro del mercato come dominato dagli scambi commerciali, posti in essere dalle città.

Un esempio di economie cittadine è Venezia, ma anche Verona. Quest’ultima era un nodo di una rete di traffici commerciali, in cui la via fluviale dell’Adige conferiva alla città una proiezione più vasta. Essa risultava anche demograficamente assai robusta ponendosi, a suo tempo, come una delle più preponderanti città europee. In conclusione, possiamo affermare che lo scenario geopolitico internazionale, periodizzato a partire del quindicesimo secolo fino alla fine del diciottesimo secolo (XV-XVIII), era caratterizzato dalla presenza delle Economie Cittadine e dalla presenza degli Stati Regionali, solamente nondimeno a livello europeo, dato che questi istituti precedono l’avvento delle scoperte geografiche, la quale scopriranno che, imbarcandosi per le Americhe, il mondo esistente non arrivava fino alle Colonne d’Ercole, ovvero allo Stretto di Gibilterra, ma che c’era vita anche in altri spazi del globo.

 

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

 

– Paola Lanaro “I mercati della Repubblica Veneta” casa editrice “Saggi Marsilio” edizione 1999

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