SULLA SOCIETÀ PATRIARCALE 

Emanuele Pestrichella 

 

Il recente femminicidio, drastico e tragico nella sua totalità, di Giulia Cecchettin, fa
riflettere molto sull’esistenza di una subcultura della donna intesa come oggetto e
come possesso in mano dell’uomo.

La donna è un tassello di tutta una serie di
eventi che mortificano, sfruttano e abusano della sua importanza portando a
modificare il modo di approcciarsi a essa.

Ad  oggi la cultura intrinsecamente patriarcale viene intesa come maschilismo.

Il patriarca era un soggetto severo, rigido e
intransigente, derivante dalla figura latina del Bonus pater familias. Ma ha trasmesso un codice della etico di comportamento fondato sul
rispetto, sulla disciplina e sul rigore.

Nella società patriarcale, l’istituzione prevalente
era il matrimonio combinato. Questo, altro non serviva che a fungere da basamento
per reggere la cultura patriarcale che ha dominato per tutta l’antichità e che si è
trascinata fino ad oggi, segnando ancora, purtroppo, i paesi medio-orientali.

L’etnologo Lévi-Strauss, nella sua opera “Le strutture elementari della parentela”,
conduce una minuziosa analisi esaminando un ampio campione di società
extraeuropee. Teorizza il matrimonio come uno “scambio sociale”. Un atto donativo,
con funzione di collante, che lega e unisce due famiglie prima disunite. Ma se il
matrimonio coniugava due o più persone, oggi i matrimoni combinati vengono
percepiti come atti coercitivi basati non su una volontà condivisa ma sulla decisione
di un singolo soggetto: il maschio.

Ma molti altri etnologi concordano nel considerare
il matrimonio anche come una forma di scambio e di legame economico. Infatti,
questo tipo di unione, viene preceduta e accompagnata da un trasferimento di beni
da una famiglia all’altra. Per quanto riguarda le differenze di genere, tra il maschio e
la femmina, posso dire che ogni società riconosce questa fondamentale differenza,
la maschilità e la femminilità. Il termine “sesso” indica una differenza biologica
(cromosomica). Rappresenta un dato di natura, stabilito dalla nascita e immutabile.
Invece il genere è, per se stesso, un prodotto culturale, non un’entità immutabile ed
è frutto dell’educazione e della socializzazione.

La differenza sessuale è fondativa
per la specializzazione e la spartizione dei ruoli di lavoro. Il maschio era dedito ai
lavori più faticosi e gravanti sulla sua poderosa fisicità. La donna invece, era
destinata alla procreazione, alla cura e all’educazione/istruzione della prole. Questi
due elementi, sono la sintesi di un concetto che, nelle scienze giuridiche,
rappresenta un soggetto dell’economia: la famiglia. Essa, in epoca industriale,
veniva intesa come nucleo portante della società. Se la famiglia era una delle
condizioni indispensabili alla sussistenza della società, se l’unione di queste due
realtà sessualmente distinte favorirono e favoriscono tutt’ora la generazione della
prole e se tutto il mondo occidentale non fosse rimasto ancorato, per lungo tempo,
alla tradizione familiare, potremmo dire allora che la cultura patriarcale non
esisterebbe né tantomeno sarebbe rintracciabile nella società odierna.

Risulta quindi doveroso e fondamentale richiamare l’attenzione del lettore sull’importanza della
sensibilizzazione nelle scuole e sulla diffusione della cultura dell’ossequio, della tolleranza e dell’uguaglianza della donna nei confronti dell’uomo. Occorrerebbe una
società più giusta fondata sul garantismo e sul riconoscimento del valore della donna, mettendo in luce e facendo risaltare gli aspetti positivi di essa,  io credo dunque fermamente in una società egualitaria e rispettosa di tutte le varianti di genere e di tutte le differenze di sesso o di genere che siano.

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