Un ragionamento su Socrate
La figura di Socrate, nella storia del pensiero umano, è la più viva espressione di un pensatore che ha lottato sino alla morte per il sostegno e la difesa dei propri ideali, nel suo caso per la difesa dei valori della democrazia e quindi, più in generale, della politica.
Un pensatore decisivo nella storia della filosofia antica, decise di non lasciare sue testimonianze scritte attraverso il racconto di se; al contrario sono le testimonianze portate avanti da Platone (anche da come scrive e intitola lui l’Apologia di Socrate discorso che egli teneva ben saldo poco prima della sua condanna a morte) che raccontano della sua vita, delle sue inclinazioni, e delle suggestioni che lui ha portato in diversi campi del sapere. Se risulta difficile tracciare un confine netto tra Socrate e i Sofisti, è possibile individuare una differenza nel modo in cui concepivano l’arte del filosofare: Socrate amava la filosofia, la sapienza appunto aveva amore della stessa mentre i Sofisti, condannati da lui ma anche dallo storico Senofonte (che lui ivi definirà “prostituti della cultura”), mercificavano per così dire la filosofia e la rendevano oggetto di professione affinché rendesse economicamente. Un sentito amore per la verità e il rifiuto di ridurre la filosofia a vuota retorica o a esibizionismo verbale e il tentativo di oltrepassare il relativismo conoscitivo e morale su cui si erano soffermati i sofisti successivi a Protagora.
Ma che cos’è la verità (η αλήθεια) per Socrate? I latini la definivano “adeguatio rei ad intellectum” ossia la CORRISPONDENZA dei nostri concetti e delle nostre parole alla realtà. La verità di cui si occupa Socrate non riguarda questioni marginali e contingenti, ma è la risposta ai perchè ultimi delle cose, la ricerca sulle questioni di fondo della vita umana (Socrate come i Sofisti abbandona la cosmologia per dedicarsi all’indagine dell’essere umano) La ricerca della verità cosi intesa è la ricerca dell’essenza.
La verità non va cercata da soli ma col dialogo( διά λέγειν ) ovvero con lo scambio e il confronto con l’altro attraverso la parola. Lo strumento fondamentale è dunque il dialogo che si struttura in due momenti fondamentali :
– L’ironia ossia il momento critico-demolitorio dell’interrogante di Socrate, il quale si finge ignorante su un certo argomento per spingere l’interlocutore ad avere disinvoltura e sicurezza delle proprie tesi.
– La maieutica ossia la capacità di “pungolare” l’interlocutore con opportune domande per aiutarlo a partorire la verità, che egli, custodisce in se stesso, attraverso la domanda: τι εστί?
E l’Intellettualismo Etico? È la particolare concezione etica di Socrate, che verrà abbracciata anche dai grandi filosofi successivi, Platone ed Aristotele: secondo questa concezione Socrate sopravvaluta indebitamente la funzione dell’intelletto nel comportamento umano, dimenticando il ruolo della volontà e la forza della parte istintivo-affettiva della nostra psiche.
Questa concezione nasce dall’idea della filosofia greca che la Volontà segua automaticamente la RAGIONE,come sua semplice manifestazione.
Un ragionamento su Platone.
Parliamo di Platone. Platone? E chi sarebbe Platone? Platone è uno dei massimi pensatori greci, per antonomasia, di tutta la filosofia antica insieme a Socrate e Aristotele.
Fautore della metafisica (τα μετά τα φυσικά) (la scienza che va oltre l’immanenza della realtà fisica), prosecutore della filosofia socratica e ideatore della dottrina delle idee esso ricerca, insieme al dialogo, la sua prediletta modalità espressiva, di superare il metodo delle definizioni (τι εστί ) socratico e di ricercare l’essenza non nelle cose fisiche ma oltre il cielo, nell’iperuranio.
Le essenze immutabili ed eterne che lui chiamerà idee trascendono la realtà fisica e sono perfette a differenza delle cose che sono molteplici e divenienti. Le idee sono la cause delle cose, la loro condizione di pensabilità e sono criteri di giudizio delle cose in quanto imitano o partecipano o sono presenti nelle stesse (rispettivamente si parla di mìmesi, metessi e parusia). In Platone è possibile rintracciare un uso copioso dei miti finalizzati alla spiegazione di concetti e dottrine filosofiche.
° L’uso del mito ha due significati fondamentali:
– in primo luogo esso rappresenta uno strumento didattico-espositivo ai fini della comunicazione intellettuale
– in secondo luogo se ne serve per parlare di realtà che vanno oltre l’indagine rigorosamente razionale entro il quale dovrebbe contenersi
Il celeberrimo mito usato da Platone è quello della caverna. All’inizio del VII libro del dialogo, Socrate propone a Glaucone un’allegoria. Immagina , gli dice, delle persone che vivono fin dall’infanzia rinchiuse in una caverna, incatenate così strettamente da non poter neanche girare la testa. La caverna ha un’apertura che dà sull’esterno, ma la gente che ci vive ha lo sguardo rivolto verso la parete in fondo, e non vede l’uscita. Alle spalle dei prigionieri, in alto e lontano da loro, c’è un fuoco acceso che fa luce. Fra il fuoco e i prigionieri c’è un muro, lungo e basso, come quelli che costeggiano le strade di campagna. Dietro al muro, altre persone tengono in mano degli oggetti (statuette di animali e di uomini e altri oggetti di ogni genere) e li fanno sporgere al di sopra del muro. La luce del fuoco proietta dunque le ombre degli oggetti sulla parete di fronte ai prigionieri. Quelle ombre sono le uniche cose che i prigionieri abbiano mai visto, costretti come sono a star lì fermi, senza potersi voltare. Dunque, afferma Socrate, quelle persone credono che le ombre siano oggetti reali. prigionieri sono «simili a noi». Anche noi abbiamo conosciuto solo ombre, proiezioni degli oggetti reali, perché gli oggetti veramente reali, le idee, non sono conosciuti come tali da tutti. Ci vuole una buona educazione filosofica per uscire dalla caverna dell’opinione e accedere alla conoscenza e alla scienza.
Nel mito platonico emergono quattro livelli di significato: il significato ontologico ovvero il dualismo della realtà sensibile e sovrasensibile, il significato gnoseologico in cui l’ignoranza (il buio), la credenza (le ombre) e l’opinione (le statue) arrivano alla vera conoscenze delle idee, il significato mistico religioso ovvero il rapporto tra la vita terrena e vita spirituale e il significato politico, quello del compito guida che hanno i filosofi nel governare la città.
La comunità ideale per Platone, che sarà un’utopia (ου τόπος) , è basata sul concetto di comunismo in ragione dell’abolizione della proprietà privata e della condivisione di mezzi, terreni e persone, sul concetto di classismo ovvero della rigida suddivisione in classi cui viene privilegiato l’aristocraticismo dei filosofi, sullo statalismo e sul l’instaurazione di un regime autoritario e illiberale (totalitarismo).
Platone sarà il primo filosofo che fonderà un istituto di ricerca, l’Accademia, una sorta di comunità religiosa che dal punto di vista giuridico ed economico è autonoma con il possesso di terreni, edifici e propri spazi e in cui, ancora, sarà un “laboratorio culturale” in cui si dialogherà e si studieranno i più svariati argomenti, dalle materie scientifiche a quelle umanistico-letterarie (la scuola sarà retta da uno “scolarca” eletto a vita dai membri della stessa).