di Mariachiara Roldo
studentessa dell’Università degli Studi di Padova
Sommario: 1. Sviluppo digitale e diritti nella democrazia liberale, 2. Regolamentazione dell’utilizzo delle piattaforme digitali nella propaganda politica, 3. Intelligenza artiAiciale, diritti e possibile applicazione in giudizio 4. “influencer economy e marketing”.
1. Sviluppo digitale e diritti nella democrazia liberale .
Lo sviluppo digitale in particolare negli ultimi decenni ha una lettura dicotomica che comporta una visione incline a costituire un ambiente favorevole ad un ulteriore sviluppo del mondo digitale ed un’occasione di accrescimento dello spazio di esercizio dei diritti costituzionalmente tutelati, quali la libertà di espressione e di parola anche tramite i nuovi strumenti tecnologici, le nuove “piazze digitali”. Vi è però in una quasi antinomia, un’ulteriore lettura di tale sviluppo, che considera il progresso, in particolare concernente le piattaforme digitali, come un possibile periglio per gli stessi diritti che potrebbe favorire, ma anche un eventuale rischio per quanto riguarda per esempio la libertà e la segretezza del voto. Gli utenti-cittadini, spesso concedono il diritto alle piattaforme digitali di acquisire i propri dati tramite l’accettazione di contratti online, delle condizioni generali di contratto ed in particolare i c.d. “cookies”, i quali possono contenere i dati basilari della preferenza linguistica o la posizione dell’utente, ma possono contenere anche un’amplia gamma dei dati dell’utente comprendenti anche quelli personali identificativi creando cosı̀, sistematicamente, le basi per una fattispecie in cui, i diritti fondamentali del singolo utilizzatore delle piattaforme, vengono limitati dai diritti di altri privati, cioè le piattaforme digitali.
Queste ultime si vanno a porre in una situazione di vantaggio rispetto al singolo cittadino, grazie al potere derivato dai contratti e una forza economica incommensurabilmente superiore a quella dell’utente.
Per arginare la fattispecie di squilibrio che deriva dal consenso fornito tramite i contratti online, si ricorre ad un rimedio doppio, alla c.d. “Drittwirkung” dei diritti costituzionalmente tutelati, ciò nell’ambito del diritto Costituzionale, dall’altro lato tramite la “costituzionalizzazione” del buon costume e dell’ordine pubblico l’interpretazione ed applicazione evolutiva delle regole di correttezza costituzionale e della “bona Fides”
(1) Per quanto concerne i diritti costituzionali tra cui l’art.15 in particolare, si può notare come vi sia uno sviluppo a doppio binario per quanto rileva riguardo le piattaforme di messaggistica. Da un lato vi sono delle piattaforme più virtuose come “WhatsApp”, che utilizzano una crittografia “end-to-end” la quale garantisce che chiamate, messaggi e Aile multimediali dei messaggi come immagini, audio, video o documenti non possano essere visualizzati da terzi, “WhatsApp” incluso; alcune piattaforme di messagistica e in particolare di posta elettronica però non adottano pratiche altrettanto virtuose, in quanto si consideri in primis che tramite le comunicazioni per “mail”, al di là dei dati forniti con l’iscrizione, vi si concede a tali piattaforme anche il recepimento della corrispondenza ledendo cosı̀ la tutela sia del destinatario quanto del mittente e violando anche l’art.15 della Carta costituzionale, che garantisce e tutela la segretezza della corrispondenza.
È importante notare che tale diritto rimane inviolabile anche se vi è stata un’accettazione esplicita della cessione dei dati attraverso la stipula del contratto con la piattaforma. Inoltre, secondo un’interpretazione evolutiva del dispositivo costituzionale, esso si estende anche alla comunicazione digitale, sottolineando la necessità di salvaguardare questo diritto fondamentale anche nel contesto delle interazioni online.
2. Regolamentazione dell’utilizzo delle piattaforme digitali nella propaganda politica
Da tempo, sia i mezzi stampa quanto il semplice strumento della parola, sono divenuti mezzo utile per la diffusione delle ideologie politiche e strumento di propaganda, sul solco dei diritti costituzionalmente tutelati quali la libertà di espressione, parola, pensiero e la libertà sancita dall’art.49 Cost.
Le piattaforme digitali divengono quindi fondamentali per la fruizione delle informazioni che, il popolo elettorale può utilizzare per formare il proprio pensiero ed indirizzo politico.
Con lo sviluppo delle tecnologie e dei nuovi mezzi di stampa e comunicazione, vi è stato un adattamento parziale della normativa, anche Italiana, all’ambito delle campagne elettorali e della diffusione di notizie da parte di esponenti e forze politiche sulle piattaforme digitali; si pensi all’art.9-bis della legge 4 aprile 1956 n. 212(2), il quale amplia il silenzio elettorale anche nel “non-luogo” delle piattaforme digitali; infatti viene al riguardo previsto che “nel giorno precedente e in quelli stabiliti per le elezioni è vietata a candidati, partiti, movimenti o liste che partecipano all’elezione e a esponenti di partito la diffusione di propaganda elettorale sulle piattaforme digitali.” Sorge però, il problema del controllo di tali fattispecie, che necessiterebbe quindi, un’ulteriore disciplina per adattare la normativa allo sviluppo digitale, in quanto tale progresso consente in alcuni casi di eludere gli algoritmi e di eludere la normativa. Tramite gli strumenti digitali ed un loro costante progresso, si sta consolidando sempre più la capacità di condizionamento del pensiero critico per mezzo delle piattaforme digitali, grazie in particolare, alla possibilità di acquisizione dei dati degli utenti-cittadini, da parte delle piattaforme che utilizzano i “Big-data”, in particolare in ambito di marketing e targhettizzazione dei contenuti per i soggetti che usufruiscono di tali “ambienti digitali”. In questo modo si indirizza la pubblicità, personalizzandola o manipolandola e orientando il voto di chi utilizza tali “non-luoghi digitali”, tramite una propaganda orientata ad alterare la direzione di voto o incentivando l’astensionismo, contrariamente a quanto in Italia si prospetta secondo le regole di correttezza costituzionale. Non vi è una disciplina che vada a regolamentare nello specifico la materia delle campagne elettorali digitali, ma vi sono stati, in particolare negli ultimi anni, degli interventi volti a regolamentare tali fenomeni, sia in ambito italiano, come l’ampliamento della sfera di competenza del silenzio elettorale, sia per quanto concerne anche la disciplina europea. A livello nazionale vi è una delibera di notevole rilievo dell’AGCOM, la 423/17/CONS(3), la quale istituisce un tavolo tecnico avente l’obiettivo di tutelare e garantire il pluralismo e la correttezza dell’informazione sulle piattaforme digitali con lo scopo di promuovere l’autoregolamentazione delle piattaforme e lo scambio di buone prassi per l’individuazione ed il contrasto dei fenomeni di disinformazione online frutto di strategie mirate, ponendo quindi, un limite alla disinformazione potenzialmente utilizzabile dalle forze politiche e da chi pone interessi nel mutare l’equilibrio dell’espressione del consenso elettorale. Sono state inoltre introdotte delle limitazioni per quanto concerne le spese per la propaganda sulle piattaforme digitali, prevedendo che all’interno del limite complessivo previsto per le spese per la campagna elettorale dei candidati, di cui all’art. 7 della legge n. 515/1993(4), esse non possano superare 30.000 euro. Analogamente, all’interno del limite complessivo previsto per le spese elettorali dei partiti o movimenti (di cui all’art. 10 della legge n. 515/1993), quelle per la propaganda sulle piattaforme digitali non possono superare 100.000 euro; evidenziando e seguendo il solco tracciato dall’art.3.2 Cost., quindi l’impegno della Repubblica nel rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese, in questo caso in particolare, si evidenzia la necessità di consentire a tutti i cittadini aventi i requisiti, di poter partecipare alla sfida elettorale al di là dello stato economico in cui si versa; situazione che in altri Paesi sembra inimmaginabile, come per esempio negli Stati Uniti, in cui non vi è una regolamentazione ferrea né delle spese “tradizionali” dei singoli candidati o dei partiti, né una concernente le spese degli stessi in ambito digitale.
3. Intelligenza artificiale, diritti e possibile applicazione in giudizio.
L’intelligenza artificiale si sta sviluppando sempre maggiormente, in particolare negli ultimi tempi in maniera tale che per alcuni aspetti la disciplina normativa non riesce a stare al passo con uno sviluppo che si può definire quasi quotidiano, sviluppo dicotomico, da un lato mettendo in serie difficoltà i diritti fondamentali ma al contempo fornendo degli strumenti che agevolano un miglior funzionamento dell’assistenza sanitaria, la creazione di automobili e altri sistemi di trasporto più sicuri e anche prodotti e servizi su misura, più economici e più resistenti, facilitando anche con grande probabilità l’accesso all’informazione, all’istruzione e alla formazione. L’argomento in esame non è ancora stato regolamentato a livello normativo, nello specifico si sta lavorando in ambito europeo tramite la formulazione dell’ ”Ai-act”,il quale a febbraio andrà al voto del Consiglio europeo e poi tra marzo e aprile passerà in Parlamento.
La portata del fenomeno deve quindi condurre la dottrina giuridica contemporanea a valutare l’efficacia e lo stato di evoluzione delle categorie giuridiche tradizionali di fronte alle nuove sAide poste dalla diffusione e dall’applicazione dell’AI, considerandone l’effetto che potrebbe produrre inficiando sui diritti, sulle libertà e sui principi alla base dello Stato di diritto, ipotizzando un adattamento degli strumenti giuridici preesistenti o considerando l’inserimento di nuove norme nell’ordinamento volte a disciplinare tale materia. Vi sono delle zone d’ombra per quanto concerne l’utilizzo dell’AI, una di esse si riassume nel “black box problem”, con ciò si intende la difficoltà di comprendere e spiegare le decisioni prese dagli algoritmi, poiché molte volte le reti neurali complesse che guidano l’AI operano come “scatole nere“, rendendo difficile tracciare il percorso decisionale, è peraltro l’espressione più elevata della opacità che contraddistingue, con gradi diversi, tutti i modelli algoritmici, risulta cosı̀ di Difficile comprensione se l’AI abbia rispettato gli standard e le norme giuridiche vigenti nel contesto in cui si trova ad operare(5).
Un campo possibile dell’applicazione dell’AI potrebbe essere in ambito di giudizio, nel quale l’intelligenza artificiale si troverebbe a prendere decisioni concernenti il caso in esame emettendo una sentenza, tale fattispecie collegandosi nuovamente al “black box problem”, non sarebbe applicabile nell’ordinamento italiano in quanto risulterebbe contrario a quanto sancito all’art.111 Cost., cioè “Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati”. Un campo di utilizzo che è ancora in fase embrionale in Europa è l’utilizzo dell’AI nella giustizia predittiva, cioè il sistema che consente di prevedere il possibile esito di una controversia in virtù dei precedenti esiti di casi analoghi.
4. “Influencer economy e marketing”.
L’ “influencer marketing ed economy” ricomprende un vastissimo campo di applicazione nella realtà odierna, assumendo ora per ora un’inAluenza ed una rilevanza economica ma anche giuridica, gravitando anche nell’ambito dei diritti fondamentali. Pur rilevando nella vita quotidiana di ogni singolo individuo che accede al web oppure alle piattaforme digitali manca una denominazione normativa del fenomeno in questione.
Gli influencer hanno “potere” sulle persone: possono condizionarne i comportamenti, inducendole a fare cose che, diversamente, non avrebbero fatto, e Influenzare i punti di vista(6).
L’attività svolta dagli “influencer” può essere ricompresa sotto l’ottica del diritto sancito all’art.41 della Costituzione, il diritto espresso dal dispositivo costituzionale non pare onnicomprensivo in comparazione con la l’esteso campo di esercizio che è insito nell’ ”influencer marketing ed economy”, potrebbe parere quasi una materia che sfugge ad un controllo ed alle possibili limitazioni, ma qui ci si riconduce all’art.41 Cost. il quale sancisce che l’attività economica privata non possa svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà , alla dignità umana.
Un diritto che risalta come anche concernente la materia in generale delle piattaforme digitali è il diritto tutelato e regolato all’art.21 della Costituzione, la Corte di Cassazione ha svolto un ruolo fondamentale nell’interpretazione evolutiva della norma costituzionale: le Sezioni Unite, infatti, sia in sede civile che in sede penale, hanno stabilito che l’art. 21 Cost. è applicabile anche ai siti Internet ed alle piattaforme digitali che svolgano attività di informazione in modo professionale(7), anche se la norma costituzionale prevede testualmente il riferimento agli stampati, secondo l’interpretazione estensiva si potrebbe ricomprendere allora anche l’”influencer marketing ed economy”, i quali non riguardano solamente l’aspetto di promozione ma anche di informazione. Dai dispositivi costituzionali vi si può ricavare un’espressa limitazione a tale libertà di espressione, cioè quello del buon costume, che la Costituzione riferisce alla stampa, agli spettacoli e alle «altre manifestazioni» e che quindi riguarda, ad esempio, anche il mezzo radiotelevisivo e con un’interpretazione evolutiva si potrebbero ricomprendere anche le piattaforme digitali. Il limite, secondo la giurisprudenza, si riferisce all’esigenza di proteggere il pudore sessuale, in particolare nelle fattispecie in cui vi siano ricompresi i minori, la difficoltà in tale fattispecie e che non vi siano degli strumenti validi per l’accertamento della maggiore età del fruitore delle piattaforme digitali, rientrerebbe nella sfera dei doveri costituzionali dei genitori sanciti all’art.33, il controllo e la limitazione di tali strumenti digitali da parte della prole.
Oltre al limite esplicito del buon costume esistono altri limiti desumibili dalla legge che sono finalizzati alla protezione di interessi costituzionalmente rilevanti e che quindi possono prevalere sulle esigenze di tutela della libertà di manifestazione del pensiero, quali diritto alla riservatezza, alla onorabilità , alla dignità della persona. La tutela degli utenti della rete considerabili anche come consumatori, nell’ottica della salvaguardia della libera autodeterminazione economico-commerciale degli stessi, e nella tutela delle informazioni è in effetti l’interesse principale che una disciplina regolatoria dell’influencer marketing dovrebbe mirare a preservare.
NOTE:
1 h#ps://www.federalismi.it/nv14/ar7colo-documento.cfm?Ar7d=46699
2 h#ps://www.norma/va.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1956-04-04;212 3 h#ps://www.agcom.it/documents/10179/8946952/Delibera+423-17-CONS/aac2d789-2f86-42a0-8fc2-f4c052eb8dcd?version=1.3
4 h#ps://www.senato.it/1050?testo_generico=23&voce_sommario=64
5 h#ps://www.dpceonline.it/index.php/dpceonline/arScle/download/1567/1549/
6 h#p://www.rivistacorteconS.it/export/sites/rivistaweb/RepositoryPdf/RivistaCartacea/2022/rivista_5/rivistacdc_5_2022_01_10_do#rina_pb.pdf