GALILEO GALILEI, IL RIVOLUZIONARIO

Di Emanuele Pestrichella.

⏰Tempo di lettura: 8 minuti.

In questo scritto, usando uno stile di scrittura sintetico e scorrevole, cercherò di dare una caratterizzazione generale, sommaria e non pedissequa di Galileo Galilei, andando ad inquadrare la rilevanza della sua persona nel contesto socioculturale post umanistico e post rinascimentale del barocco e come egli abbia proiettato futuristicamente la società medioevale alla società moderna, più attigua alla contemporaneità. Verranno messi a fuoco i punti salienti della sua biografia, e verranno evidenziati temi come, ad esempio, il passaggio dal Geocentrismo Aristotelico-Tolemaico (principio di autorità aristotelico “ipse dixit“) all’Eliocentrismo Copernicano, le rivoluzioni filosofiche e scientifiche galileiane (l’introduzione del metodo sperimentale ipotetico-deduttivo e il salto di concezione da teocentrica e spiritualistica a materialistica-deterministica, sussunta nella concezione meccanicistica), il “Sidereus Nuncius” che invaliderà la tesi aristotelica secondo cui gli astri sono perfetti e incorruttibili confermando la scabrosità e le asperità dei satelliti come la Luna (ci soffermeremo brevemente sulle nebulose, sulla scoperta di altri centri gravitazionali, sugli astri medicei ecc…), il “Dialogo Sopra i Due Massimi Sistemi del Mondo, Tolemaico e Copernicano” e, se ci avanza tempo, magari ci soffermeremo anche su altri aspetti.

 

Qualche cenno biografico: Galileo Galilei nasce a Pisa nel 1564 da una famiglia della nobiltà fiorentina. Nel 1589 gli viene offerto l’incarico, presso lo studio di Pisa, di coprire la cattedra di Matematica. Nel 1592 il senato veneto gli propone di coprire la cattedra di matematica presso la prestigiosa università di Padova (accetterà e qui ci rimarrà per 18 anni). Nel 1609 Galileo perfeziona l’occhiale (eufemismo del cannocchiale impiegato negli scritti del Sidereus Nuncius) brevettato da alcuni oculisti olandesi; in seguito sosterrà di averne in mano la paternità asserendo che la sua invenzione è dovuta grazie all’illuminazione della grazia divina. Il cannocchiale (termine che deriva dalla parola cannone e occhiale, il primo per la conformazione tubolare dello strumento il secondo per la presenza delle lenti) consentirà a Galileo di osservare la volta celeste, e scoprirà nuovi pianeti e la presenza delle macchie lunari. Nel 1610 si trasferisce a Firenze per ricoprire l’incarico di filosofo del Granduca di Toscana, Cosimo II de’Medici, e di matematico primario presso lo studio di Pisa; pubblica il “Sidereus Nuncius” (letteralmente “avviso astronomico”). Quest’opera mescola stilemi della trattatistica scientifica, per la presenza del linguaggio matematico, ma insieme unisce anche elementi come la meraviglia, lo stupore, l’incanto provato di fronte alle sue scoperte. Quest’opera sancirà l’unione, in un testo, di scienza e di poesia. Tra il 1613 e il 1615 pubblica le “lettere copernicane” un pretesto per suffragare gli assunti dell’astronomo polacco e per andare contro il modello geocentrico aristotelico-tolemaico. Si pronuncierà in questi anni anche sui rapporti tra scienza e fede. Nel 1616 il Sant’Uffizio condanna come eretiche le tesi copernicane e impone a chiunque il divieto di divulgarle o di insegnarle. Nel 1632 Galileo, dopo aver ricevuto l’autorizzazione alla pubblicazione da parte del papa Urbano VIII, pubblica il “Dialogo Sopra i Due Massimi Sistemi del Mondo, Tolemaico e Copernicano“, opera di assoluto pregio e di importanza straordinaria per un confronto e per un individuazione delle deformazioni e delle discordanze tra le due teorie.

 

Tale dialogo venne stampato nel 1632. Ambientato a Venezia, perché allora la repubblica della Serenissima era la città più aperta e tollerante del tempo, il trattato è concepito in forma dialogica, suddiviso in quattro giornate: nella prima si discute il rapporto fra terra ed astri, la seconda è dedicata alla confutazione del principio di autorità aristotelico (ipse dixit), la terza e la quarta giornata infine sono dedicate al problema delle maree, che costituisce secondo l’autore la prova del moto orbitale della terra intorno al sole (risulterà invalida come teoria). L’opera è basata sul confronto tra due concezioni antagonistiche del mondo e della conoscenza: quella del nobile fiorentino Filippo Salviati (rappresenta lo spirito più genuino della ricerca sperimentale e scientifica), che sostiene la teoria copernicana, e quella dell’aristotelico Simplicio, che difende il sistema tolemaico. In mezzo c’è il nobile veneziano Giovan Francesco Sagredo, uomo di scienza, che si porrà in un atteggiamento di neutralità, mostrando però, dal dialogo, una predilezione e un sostegno più attivo verso le teorie di Salviati. Attraverso le parole traspare un’umanità viva e vitale. Simplicio incarna la paura di abbandonare le certezze fissate dalla tradizione. Superando tale paura è possibile raggiungere un livello di conoscenza superiore. L’opera è destinata non solo a scienziati e filosofi ma anche a tutti gli uomini dotati di solida formazione, di ampia cultura e di ampie vedute. L’ideale letterario di Galilei è ancora legato alla tradizione umanistico-rinascimentale. Riprende il gusto per i paragoni e per le digressioni novellistiche e aneddotiche. Si aggiunge, a questa, anche la chiarezza, la precisione del linguaggio e la leggerezza della parola.

 

Nel 1633 Galilei venne sottoposto a processo davanti al Tribunale dell’Inquisizione. Il 22 giugno abiurò pubblicamente le proprie tesi. Ecco un estratto formale del documento di abiura:

 

“Giuro anco e prometto d’adempire e osservare intieramente tutte le penitenze che mi sono state o mi saranno da questo sottoposte; e contravenendo ad alcuna delle dette mie promesse e giuramenti, il che Dio non voglia, mi sottometto a tutte le pene e castighi che sono da’ sacri canoni e altre constituzioni generali e particolari contro simili delinquenti imposte e promulgate. Così Dio m’aiuti e questi suoi santi Vangeli, che tocco con le proprie mani. Io  Galileo Galilei sodetto ho abiurato, giurato, promesso e mi sono obligato come sopra; e in fede del vero, di mia propria mano ho sottoscritta la presente cedola di mia abiurazione e recitatala di parola in parola, in Roma, nel convento della Minerva, questo dì 22 giugno 1633. Io, Galileo Galilei ho abiurato come di sopra, mano propria”

 

Venne costretto all’isolamento forzato ma continuerà a maturare il suo pensiero critico e dissenziente nei confronti di una chiesa e di una società che aveva completamente disconosciuto il potenziale rivoluzionario delle sue scoperte e delle sue rivoluzioni contro un sistema di pensiero dogmatico e conservatore.

 

Galileo Galilei ha traghettato la società, contrassegnata da un dogmatismo antiscientifico, per la presenza della verità inoppugnabile attestata dalla sacre scritture, e dal sistema aristotelico tolemaico (secondo cui la terra era al centro dell’universo e il sole e i pianeti giravano attorno ad essa) alla società moderna con l’osservazione diretta dei fenomeni e della natura, non attraverso interpretazioni religiose o filosofie obsolete che impostavano un’impalcatura precostituita e scientificamente retrograda della realtà. Galileo avrà quindi l’onore di formulare il metodo scientifico ipotetico-deduttivo in cui fornisce tutta una completa caratterizzazione della metodologia scientifica. A sommi capi il metodo scientifico è articolato in due fasi, la fase induttiva e quella deduttiva: nella prima fase si inizia con l’osservazione diretta del fenomeno naturale, si passa alla trascrizione del fenomeno in termini matematici (perchè Galilei sosterrà che il linguaggio matematico è un metodo universalmente valido, le cosiddette “matematiche dimostrazioni”) e infine si giunge alla formulazione delle ipotesi che forniscono una possibile spiegazione del fenomeno. Nella seconda fase invece si incomincia con la verifica delle ipotesi attraverso un esperimento, si passa alla rielaborazione dei dati raccolti, sulla base di un modello matematico, e si arriva alla formulazione di una teoria di valore generale. Con Galileo Galilei si fa strada una concezione deterministica per spiegare il reale. Per Galileo ogni cosa ha una spiegazione. Ogni fenomeno ha una causa e un effetto. E causa-effetto sono strettamente legati da un rapporto indissolubile. È dal determinismo che ogni cosa viene studiata e compresa, se ne può comprendere le origini, le cause e gli effetti, proprio con l’arrivo di siffatta mentalità scientifica. Galileo Galilei è sostenitore anche di una concezione materialistica della realtà (secondo cui tutti gli enti sono materiali e le cose non sono essenze spirituali trascendenti, ma un quid immanente). L’unione della concezione deterministica e della concezione materialistica è meglio ricompresa nella concezione «meccanicistica» cioè nel legame tra causa-effetto e tra materia. Oltre alle necessarie dimostrazioni, egli sostiene che la conoscenza della natura avviene attraverso un processo di ricerca continua e inesauribile fondantesi anche sulla “sensata esperienza” ovverosia sulla conoscenza diretta dei fenomeni attraverso i sensi.

 

Come dicevo prima, il Sidereus Nuncius invaliderà la dottrina secondo cui gli astri sono perfetti e incorruttibili per fare in modo che prenda piede l’idea che i satelliti presentano anche loro delle asperità sulla loro superficie e, come osserverà di notte Galileo, noterà la presenza delle macchie lunari sulla luna medesima. Nel primo compartimento testuale dell’avviso astronomico Galileo parla delle sue grandi scoperte: la via Lattea, cioè la galassia di cui fa parte il nostro sistema solare, le nebulose, ovvero degli oggetti celesti dall’aspetto diffuso (ammassi stellari simili a piccole nubi), le stelle fisse distinte dalle stelle erranti, perché le prime sono praticamente immobili a causa della loro enorme distanza, gli astri medicei (che sarebbero i quattro satelliti di Giove, chiamati medicei in suffragio del Granduca di Toscana Cosimo II de’Medici che gli offrì l’incarico di filosofo di corte) e la scoperta di nuovi centri gravitazionali (per il fatto che non esisteva solo il sistema solare con il sole e i pianeti ma che ci sono altri pianeti e satelliti che orbitano attorno ad altre stelle).

 

Il principio di autorità aristotelico, il cosiddetto “ipse dixit” (letteralmente lo ha detto lui stesso) dominerà per tutto il medioevo. Quanto affermato da Aristotele aveva valore di verità e non poteva essere messo in discussione. Galileo non intendeva negare del tutto il valore del pensiero aristotelico, ma era convinto che esso dovesse essere considerato nella giusta prospettiva storica, come prodotto culturale di una particolare epoca e non come certezza assoluta, eterna e immodificabile. Pertanto nel corso del medioevo e durante l’età rinascimentale la conoscenza scientifica si era basata prevalentemente sui principi dell’aristotelismo, elaborando modelli teorici di carattere generale, che servivano a spiegare i singoli fenomeni concreti, secondo un procedimento di tipo deduttivo. Mentre con le rivoluzioni galileiane viene scompaginato l’assetto dogmatico aristotelico, rimaneggiato e rivisitato in una forma più attuale, ma mai negato in toto da Galileo. Per Galileo la scienza è autonoma rispetto alla fede. Galileo rimarrà comunque un uomo di fede nonostante tutti i cambiamenti apportati alla mentalità tradizionale e conservatrice dell’aristotelismo e delle sacre scritture.

 

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

 

– LORO E NOI, letteratura italiana, dal Barocco al Romanticismo edit. Paravia, volume 2

 

– Documento “Abiura di Galileo” edit. HUBSCUOLA

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