Politica

  • SORVEGLIARE E PUNIRE
    “Sorvegliare e punire: Nascita della prigione” di Michel Foucault è un’opera fondamentale nella storia del pensiero moderno, pubblicata per la prima volta nel 1975. Il libro si addentra nell’analisi delle trasformazioni delle pratiche punitive e del loro ruolo all’interno delle relazioni di potere nella società. Foucault esplora la storia della punizione, passando dalle esecuzioni pubbliche alla nascita del sistema carcerario moderno, e introduce il concetto di panoptismo. Il panoptismo, derivato dal panopticon – un tipo ideale di prigione progettato per permettere la sorveglianza costante dei detenuti – diventa una metafora potente del controllo sociale onnipresente nella società moderna. Foucault sostiene che il passaggio da forme di punizione fisica a sistemi di rieducazione e sorveglianza riflette una trasformazione nelle tecniche di esercizio del potere. L’opera di Foucault è una critica incisiva delle istituzioni punitive e del loro impatto sulla vita degli individui. Egli sostiene che il cambiamento nelle pratiche punitive segni il passaggio a una società disciplinare, dove il controllo sul corpo e sulla mente degli individui diventa un mezzo primario attraverso il quale il potere si manifesta.   “Sorvegliare e punire” non è solo un’analisi storica, ma anche un testo che invita alla riflessione critica sulle strutture di potere e sulle dinamiche di sorveglianza e controllo. Foucault ci spinge a considerare come queste pratiche influenzino profondamente la nostra vita quotidiana, specialmente nell’era digitale, e le implicazioni che hanno per la libertà personale. Sorvegliare e punire è dunque un testo che rimane estremamente attuale e provocatorio. Offre una prospettiva critica sulle modalità con cui il potere si insinua e si esprime nelle strutture sociali, e stimola una riflessione sulle pratiche di libertà e resistenza in risposta alle forme pervasive di controllo e sorveglianza. È un’opera che invita a ripensare il nostro ruolo all’interno di questi sistemi di potere e a esaminare criticamente le istituzioni e le pratiche sociali che contribuiscono a mantenere e rafforzare specifiche relazioni di potere.

    Chi fu Michel Foucault? 

    Michel Foucault è stato un influente filosofo, storico delle idee, teorico sociale e critico letterario francese. Nato a Poitiers il 15 ottobre 1926, crebbe in una famiglia di medici, ma si distinse per il suo interesse per la storia e la filosofia. Studiò all’École Normale Supérieure, dove affrontò problemi di depressione e tentò il suicidio più volte. Foucault è noto per i suoi studi critici sulle istituzioni sociali, in particolare la psichiatria, la medicina, le scienze umane, il sistema carcerario e la storia della sessualità. La sua opera principale, “Storia della follia nell’età classica”, fu pubblicata nel 1961. Tra le sue altre opere significative ci sono “Le parole e le cose” e “Sorvegliare e punire“.
  • Cos’è la Libertà?
    Hannah Arendt, una delle più grandi pensatrici politiche del XX secolo, ha dedicato gran parte della sua opera a esplorare il significato della libertà e il suo legame con l’azione e la politica. Il saggio “Che cos’è la libertà” rappresenta uno dei suoi contributi più illuminanti sul tema.  

    Libertà e Politica

      Arendt propone una visione innovativa della libertà, che non si riduce a una condizione interiore o alla semplice assenza di costrizioni. Per lei, la libertà è essenzialmente politica: si manifesta nell’azione collettiva, nella capacità di iniziare qualcosa di nuovo e nella partecipazione agli affari pubblici. È nel contesto di uno spazio pubblico condiviso, dove gli individui agiscono insieme, che la libertà prende forma. Questo spazio è essenziale per la creazione e il mantenimento di una società democratica e pluralista.  

    Liberazione e Libertà

      Un aspetto centrale del saggio è la distinzione tra liberazione e libertà. La liberazione riguarda la rimozione di vincoli esterni – come l’oppressione o la tirannia – ed è una condizione necessaria per la libertà. Tuttavia, non è sufficiente. La vera libertà emerge solo quando gli individui, liberi dai vincoli, iniziano a partecipare attivamente alla vita politica, contribuendo alla costruzione del bene comune.  

    Critica all’idea individualistica della libertà

      Arendt respinge l’idea che la libertà sia uno stato mentale o una condizione privata. Per lei, questa concezione riduce la libertà a un’esperienza individuale e nega la sua natura essenzialmente pubblica e condivisa. La libertà non è un privilegio personale, ma una pratica sociale e politica che si realizza attraverso il dialogo e l’azione collettiva.  

    Il contesto Biografico

      Hannah Arendt nacque nel 1906 a Hannover, in Germania, e fu testimone diretta dei grandi eventi politici e sociali del XX secolo, tra cui l’ascesa del nazismo e la Seconda Guerra Mondiale. La sua formazione filosofica, sotto maestri come Martin Heidegger e Karl Jaspers, e la sua esperienza come esule e intellettuale in esilio, influenzarono profondamente il suo pensiero. Costretta a lasciare la Germania nel 1933 a causa delle persecuzioni antisemite, Arendt visse in Francia prima di trasferirsi negli Stati Uniti nel 1941. Qui divenne una delle voci più autorevoli del pensiero politico contemporaneo, affrontando temi come il totalitarismo, la condizione umana e la responsabilità politica. Morì a New York nel 1975, lasciando un’eredità intellettuale che continua a essere un punto di riferimento per studiosi e cittadini interessati alla democrazia e alla libertà.

    Un invito alla riflessione

      “Che cos’è la libertà” è molto più di un saggio accademico: è un invito a ripensare il nostro ruolo nella società e l’importanza della partecipazione politica. Arendt ci ricorda che la libertà non è un dono, ma una conquista che richiede impegno, dialogo e azione collettiva. In un’epoca in cui gli spazi pubblici e la partecipazione democratica sono spesso minacciati, il suo messaggio è più attuale che mai.    
  • Proposta di riforma del contratto di prestazione di lavoro occasionale – Voucher
    *di STEFANO SPADARO.  L’attuale impianto del contratto di prestazione di lavoro occasionale si presenta come un meccanismo assai complicato e molto stringente sotto il profilo regolatorio. Questo, unito agli alti contributi pensionistici da versare, scoraggia un massiccio ricorso ai voucher per il pagamento delle prestazioni occasionali, oggi sostanzialmente regolate in “nero”. La presente breve proposta di riforma non è mirata ad eleggere il voucher a nuovo “contratto di lavoro standard” ma bensì, partendo dalle attuali criticità, mira a semplificarlo per consentirne una più massiccia adozione da parte di privati ed aziende al fine di contrastare l’evasione fiscale, favorendo così favorire l’emersione di forme di lavoro complementari rispetto alla propria fonte di reddito principale. Nelle intenzioni di chi scrive infatti i “voucher” dovrebbero, e potrebbero, diventare una modalità di pagamento conveniente per quei lavori occasionali oggi regolati attraverso il “nero”. Inoltre, sempre nelle intenzioni di chi scrive il “voucher” dovrebbe consentire una maggiore partecipazione al mercato del lavoro da parte di coloro che avendo delle buone competenze e voglia di mettersi in gioco decidano di arrotondare lo stipendio con lavori extra per la PA o per privati o per le imprese.

    Proposte di modifiche al sistema dei voucher

    Aumentare il limite massimo di compensi ricevibili dal prestatore di lavoro in un anno dagli attuali 5.000€ agli 8.500€ coincidenti con la no tax area per i lavoratori dipendenti Aumentare il limite massimo di compenso ricevibile dal prestatore di lavoro per singola attività dagli attuali 2.500€ a 5.000€, in alternativa eliminare completamente questo limite lasciando soltanto il tetto degli 8.500€ annui Per quanto concerne il limite massimo di spesa per gli utilizzatori andrebbe operata una scelta tra gli attuali due limiti vigenti 10.000€ e 15.000€, questo al fine di semplificare la normativa con un unico limite valido per tutti Eliminare la previsione del “75% dell’importo effettivo” per semplificare la normativa Eliminare il vincolo di divieto di utilizzo della prestazione occasionale per le imprese con meno di 50 dipendenti a tempo indeterminato Migliorare l’accessibilità del sito web dell’INPS Migliorare le guide per l’utilizzo del servizio, anche mediante gli esempi   Queste modifiche consentirebbero di semplificarne l’utilizzo da parte degli attuali prestatori e di attrarre nuovi lavoratori oggi remunerati in maniera irregolare o non remunerati. Il voucher nelle intenzioni di chi scrive potrebbe diventare un ottimo incentivo all’imprenditorialità individuale e un ottimo supporto per tutto il mondo del semi-volontariato. Il mondo del semi-volontariato potrebbe essere a sua volta un ottimo strumento per la PA di ottenere prestazioni utili e di qualità per la collettività a prezzi molto ridotti. Di seguito proponiamo due situazioni di possibile utilizzo del contratto di prestazione occasionale di lavoro oggi scarsamente possibili, anche solo per le complessità attualmente esistenti: Un piccolo comune di circa 10-30.000 abitanti, o una Provincia sui circa 200.000 abitanti, vuole redigere un piano strategico, anche non perfettamente a standard PIAO, per identificare le direttrici di sviluppo da perseguire a medio-lungo termine. Oggi i piani strategici degli enti locali vengono o appaltati a società esterne o realizzati in house, il principale problema dell’appaltare questi servizi a società esterne è il costo, il quale può rappresentare un ostacolo rilevante nei piccoli centri, quanto alla realizzazione in house spesso gli esiti, per quanto in linea con la normativa PIAO sono talmente insoddisfacenti sotto il profilo della comunicabilità e leggibilità del piano che lo rendono semplicemente un atto dovuto per legge ma inutilizzabile all’atto pratico per lo sviluppo del territorio. Poter pagare, anche solo un laureando/laureato di magistrale di management, per svolgere questa attività di pianificazione strategica in regime di semi-volontariato (qualche migliaio di euro con però tempi più lunghi del privato per redigere il piano) potrebbe essere un’ottima opportunità per i comuni più piccoli di attivare competenze di solito appannaggio delle sole grandi aziende per conseguire obiettivi di sviluppo a lungo termine. Oppure pensiamo agli stessi enti locali dell’esempio soprastante per l’elaborazione di un piano ciclabile a standard nazionali e allineato alle best practice europee. Piano che dei privati, con competenze specifiche, potrebbero realizzare nel corso di circa un anno di progettazione. Prendendo a riferimento un comune sui 20-50.000 abitanti. Negli ultimi anni la necessità di digitalizzarsi per le aziende è diventata sempre più stringente e al contempo molti diplomati degli ITI hanno sviluppato sui banchi di scuola le competenze per la scrittura di siti web assolutamente performanti e adatti alle esigenze delle microimprese e delle imprese di piccole dimensioni 25-40 dipendenti. Consentire un maggiore utilizzo dei voucher da parte delle aziende verso i professionisti IT indipendenti consentirebbe loro di aumentare il bacino di lavoratori da cui poter attingere per la scelta dei designer dei siti web abbassando i costi e aumentando la qualità. Al contempo consentirebbe a molti studenti, o ex studenti ora dipendenti, di “arrotondare” con lavori saltuari come programmatori di siti web per aziende. Queste opportunità potrebbero inoltre fornire al diplomato ITI anche la possibilità, una volta sondato il mercato, di aprirsi una propria partita iva, o una società, per sviluppare la propria attività di imprenditore a servizio della crescita della comunità.  

    Proposta pagamento stage “curriculari” – Sistema dei 400€

    La presente proposta è volta a regolare in maniera semplice ed equa il sistema dei compensi per gli stage curriculari alle superiori ed in università. Da quando è stata introdotta l’alternanza scuola lavoro nel nostro Paese si è assistito ad un dibattito, spesso dai toni fortemente discutibili, tra chi ne proponeva l’abolizione in quanto sfruttamento e chi invece si ergeva a baluardo dello stage in quanto occasione di entrata soft nel mondo del lavoro. La presente proposta è volta a superare questa divisione al fine di presentare un sistema che tenga in debito conto le istanze degli studenti, una remunerazione equa per il lavoro prestato, e delle aziende, una remunerazione non disincentivi l’offerta di lavoro stessa per gli studenti in formazione. Il sistema di seguito proposto è volto ad assicurare agli studenti in stage delle tutele contrattuali minime migliori delle attuali unendo insieme una regola semplice e al contempo basata sulle prospettive di utilità dell’azienda occupante. Il “sistema dei 400€” consiste nel fissare un tetto minimo netto da corrispondere mensilmente allo studente in stage, nel presente sistema si ipotizzano 40 ore settimanali per 4 settimane
    • Stage alle superiori, 400€ mensili (2.5€ l’ora)
    • Stage in triennale, 800€ mensili (5€ l’ora)
    • Stage in magistrale, 1200€ mensili (7.5€ l’ora)
     
    Giustificazioni alla base del pagamento dei 400€ netti mensili allo studente delle superiori in stage:
    Lo studente delle superiori rimane per un periodo di un mese, prorogabile al massimo a due ma non consecutivi Lo studente delle superiori non è molto spesso formato per il lavoro che dovrà andare a svolgere ed ha bisogno di una formazione maggiore a fronte di una resa probabilmente minore rispetto ad un lavoratore con esperienza lavorativa Lo studente delle superiori molto spesso non prosegue l’attività lavorativa presso il datore di lavoro continuando gli studi in università, magari in ambiti completamente diversi da quelli oggetto di stage. Sulla base di queste motivazioni appare chiaro come non si possa pretendere dalle imprese una remunerazione “da lavoratore” per lo studente delle superiori in stage; tuttavia, vedendo come si svolgono gli stage “virtuosi” (ossia all’incirca un 50% del tempo dedicato alla formazione e un 50% ad attività a basso contenuto intellettuale) appare parimenti chiaro come un’azienda possa avere comunque convenienza ad assumere uno stagista delle superiori per 400€ netti al mese.   Giustificazioni alla base del pagamento di 800/1200€ mese per gli studenti universitari in stage: Lo studente universitario tendenzialmente rimane per un periodo minimo di due mesi consecutivi, spesso prorogati a sei per esigenze dell’azienda ospitante Lo studente universitario è già in buona parte formato sul lavoro che sarà chiamato a svolgere, quantomeno sotto il profilo general-teorico Lo studente universitario dopo lo stage – se si trova bene, gli piace il lavoro che svolge e piace all’azienda – è realistico supporre che entri direttamente nell’azienda presso la quale ha effettuato lo stage La differenziazione tra il compenso minimo spettante allo studente in triennale e quello in magistrale dipende sostanzialmente dal mix tra probabilità di continuare gli studi (rilevante in triennale ma molto marginale in magistrale) e le competenze in possesso dello studente ad inizio tirocinio, maggiori per lo studente di magistrale. Sulla base di queste argomentazioni appare chiaro come si possa pretendere dalle aziende che assumono laureandi di triennale e magistrale compensi maggiori rispetto a quelli attuali dato il mix tra competenze in partenza e probabilità di rimanere sul luogo di lavoro dello stage dopo il conseguimento della laurea. Segnaliamo inoltre come l’attuale situazione degli stage universitari sia configurabile a pieno titolo come sfruttamento e che a differenza dello stage delle superiori (che dovrebbe avere più l’impronta del rimborso spese che dello stipendio) lo stage universitario sia molto spesso un modo di acquisire personale a basso prezzo per iniziare la formazione di una risorsa limitando le spese a scapito del lavoratore stesso e delle sue possibilità concrete di strutturarsi una vita e una famiglia. Un laureato di triennale ha infatti tra i 22 e i 23 anni e uno di magistrale tra i 24 e i 26 anni, un’età e una formazione assolutamente non congrua ad un mero rimborso spese inferiore agli 800€ mensili.      
  • Rapporto 2023: Sussidiarietà, Proporzionalità e Dialogo tra l’UE e i Parlamenti Nazionali
    Rapporto UE 2023 (FILE PDF) Il documento caricato riguarda un rapporto della Commissione europea sui principi di sussidiarietà e proporzionalità e sui rapporti con i parlamenti nazionali per il 2023. Ecco un’analisi generale:  

    Finalità del rapporto

      Presentato ai sensi dell’articolo 9 del protocollo n. 2 del Trattato sull’Unione Europea (TUE) e del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), questo documento esamina l’applicazione dei principi di sussidiarietà e proporzionalità. Include il dialogo politico e le interazioni tra la Commissione europea e i parlamenti nazionali.  

    Principali conclusioni

      1. Aumento dell’attività dei parlamenti nazionali: Nel 2023 sono stati ricevuti 402 pareri dai parlamenti nazionali, rispetto ai 355 del 2022. Tuttavia, si rileva una tendenza di lungo termine verso una diminuzione complessiva dei pareri.       2. Principio di sussidiarietà: Il numero di pareri motivati per presunta violazione del principio di sussidiarietà è diminuito a 22 nel 2023, rispetto ai 32 del 2022. Italia e Svezia sono i principali paesi a sollevare obiezioni.       3. Focus tematico: I parlamenti si sono concentrati su priorità come il Green Deal, la democrazia europea e lo stile di vita europeo. Guerre in Ucraina e Medio Oriente, migrazione e transizione verde sono stati argomenti centrali.       4. Innovazioni procedurali: Utilizzo strategico del dialogo politico, come la presentazione di pareri durante i triloghi. Adozione dell’approccio “one in, one out” per ridurre gli oneri amministrativi.    

    Ruolo dei parlamenti nazionali

      I parlamenti hanno trasmesso pareri non solo sui principi di sussidiarietà e proporzionalità, ma anche su temi più ampi come migrazione e sicurezza.   Alcuni parlamenti hanno rafforzato le proprie capacità interne per monitorare il processo decisionale UE.    

    Raccomandazioni del Parlamento Europeo

      Prolungare il termine per l’invio di pareri motivati da 8 a 12 settimane. Istituire un “cartellino verde” che consenta ai parlamenti nazionali di proporre iniziative legislative.    

    Sviluppi significativi

      Fit for Future Platform: ha contribuito alla semplificazione delle normative UE.   Coinvolgimento delle regioni: Calo dei contributi da parte dei parlamenti regionali, ma maggiore attenzione agli impatti territoriali nelle valutazioni.    
  • LA METAFISICA IN ARISTOTELE
    *di EMANUELE PESTRICHELLA.
    Aristotele, discepolo di Platone e, indirettamente, di Socrate, rappresenta una figura centrale nella storia del pensiero filosofico, tanto che la sua opera ha influenzato profondamente la filosofia occidentale. È riconosciuto come l’iniziatore della metafisica (τα μετά τα φισικά) , benché il termine stesso sia stato introdotto dallo storico Andronico di Rodi, che lo utilizzò per indicare i testi aristotelici collocati “oltre” quelli di fisica (μετά-φισικά, ossia “dopo la fisica“).  

    Platone e Aristotele: una continuità critica

      Aristotele si formò nell’Accademia di Platone, condividendo il suo instancabile impegno nella ricerca della verità (αλήθεια) . Tuttavia, pur riconoscendo Platone come maestro, Aristotele se ne distacca per divergenze sostanziali. Celebre è la frase: Amicus Plato, sed magis amica veritas” (“Platone è mio amico, ma mi è più amica la verità“). Questo distacco si manifesta soprattutto nella critica alla dottrina platonica delle idee: per Platone, le idee sono essenze trascendenti e indipendenti, vere realtà di cui il mondo sensibile è solo un riflesso. Aristotele, invece, ritiene che le essenze non possano esistere al di fuori delle cose concrete; per lui, l’immateriale è un’astrazione che deriva dall’esperienza del materiale.  

    La metafisica aristotelica

      Aristotele pone la metafisica al vertice della conoscenza teoretica, descrivendola come “filosofia primaper la sua centralità nello studio delle cause e dei principi primi. La disciplina è definita in quattro modi principali:   1. Studio delle cause e dei principi primi, ossia ciò da cui ogni cosa deriva. 2. Studio dell’essere in quanto essere, campo dell’ontologia, che analizza le strutture fondamentali dell’essere. 3. Studio della sostanza, l’individuo concreto che funge da soggetto di proprietà e predicati. 4. Studio del Divino e della sostanza immobile, ovvero la teologia.  

    Le categorie e la realtà

      Per Aristotele, le categorie sono le caratteristiche fondamentali dell’essere, ovvero i modi in cui si manifesta. Le dieci categorie da lui individuate sono: sostanza, qualità, quantità, relazione, agire, subire, luogo, tempo, avere, giacere. La sostanza è l’elemento centrale, mentre gli accidenti sono attributi contingenti, che una sostanza può avere o perdere senza smettere di essere sé stessa.  

    Il sinolo: materia e forma

      La nozione di sinolo, fondamentale nel pensiero aristotelico, rappresenta l’unione inscindibile di materia (il materiale che compone una cosa) e forma (la struttura o natura che rende una cosa ciò che è). Ad esempio, l’uomo è un sinolo composto da corpo (materia) e anima (forma), così come un’opera d’arte è l’unione di colore e idea.  

    La classificazione delle scienze

      Aristotele distingue tre tipi di scienze: Teoretiche: metafisica, matematica, fisica; studiano il necessario e hanno fini conoscitivi. Pratiche: etica, politica; orientano l’agire umano. Poietiche: arti e tecniche; si occupano della produzione e manipolazione di oggetti. In questo sistema delineato sino ad ora, la metafisica occupa il primo posto perché si dedica alla conoscenza disinteressata e universale, mirando a comprendere le strutture ultime della realtà. L’opera di Aristotele segna dunque un ampliamento rispetto all’orizzonte platonico: dall’interesse per la riforma della polis, si passa a una riflessione che abbraccia ogni aspetto dell’esistente. Con la metafisica, Aristotele getta le basi di una ricerca filosofica che continuerà a ispirare generazioni di pensatori, ponendo al centro il rapporto tra materia e forma, il divenire e l’essere, la realtà sensibile e l’intelligibile.    

ECONOMIA POLITICA

IL LIBERISMO NELL’ECONOMIA

Adam Smith fu uno dei principali esponenti del liberismo economico. Nacque nel 1723 nei pressi di Edimburgo dove morì nel 1790. Diventò professore di retorica e letteratura ad Edimburgo nel 1748, dove, nel 1759 , scrisse “La Teoria dei Sentimenti Morali” un’opera di filosofia morale e nel 1776 la sua celeberrima opera “La Ricchezza delle Nazioni”.

É nella Ricchezza delle Nazioni che Smith enuncia il principio della mano invisibile del mercato : << chiunque impieghi il suo capitale per sostenere l’attività produttiva interna si sforza necessariamente di dirigere tale attività in modo tale che il suo prodotto sia il massimo possibile. Egli non intende, in genere, perseguire l’interesse pubblico, né è consapevole della misura in cui lo sta perseguendo . Egli mira solo al proprio guadagno ed è condotto da una mano invisibile a perseguire un fine che non rientra nelle sue intenzioni. Né il fatto che tale fine non rientri sempre nelle sue intenzioni è sempre un danno per la società. Perseguendo il suo interesse, egli spesso persegue l’interesse della società in modo molto più efficace di quanto intende effettivamente perseguirlo. Io non ho mai saputo che sia stato fatto molto bene da coloro che affermano di operare per la felicità pubblica>>(1)

LA TEORIA DELLA MANO INVISIBILE.

Un’ economia di mercato dunque è definita come un sistema in cui gli agenti economici, come famiglie ed imprese, decidono liberamente di comprare, per chi lavorare, cosa produrre e chi assumere liberaliter.

Nell’economia di mercato, pertanto, vi sono due principi peculiari: il primo è il principio della mano invisibile , il secondo è l’ eterogenesi dei fini. Secondo il principio della mano invisibile l’interazione sul libero mercato degli agenti economici, ciascuno è mosso soltanto dal proprio <<self interest>> e determina il massimo benessere possibile per l’intera collettività. L’ Eterogenesi dei fini enuncia il principio secondo cui il mercato risponde ad un principio d’ordine generale al di là dei fini consapevolmente perseguiti dagli agenti economici.

Secondo Smith quindi il meccanismo strumentale attraverso cui agisce la mano invisibile è il sistema dei prezzi che si formano sul libero mercato fondato sul rapporto domanda-offerta. Secondo Smith, ripercorrendo il solco della filosofia utilitaristica di Bentham, l’uomo è individualista ed egoista, l’unico fine a cui si tende è quello del massimo interesse-vantaggio personale, tuttavia, perseguendo un fine individualistico, ciò giova anche alla società indirettamente : <<Non è della benevolenza del macellaio, del birraio o del fornaio che ci aspettiamo il nostro pranzo, ma dalla considerazione del loro personale interesse. Non ci rivolgiamo alla loro umanità ma al loro amor di sé stessi e parliamo dei loro vantaggi e mai delle nostre necessità>> e ancora <<L’uomo ha quasi sempre bisogno dell’aiuto dei suoi simili e lo aspetterebbe invano dalla sola benevolenza: avrà molta più probabilità di ottenerlo rivolgendo a suo favore l’amor proprio altrui >>(2) 

 Si afferma il libero arbitrio ma le scelte individuali, pur perseguendo l’interesse personale, devono sottostare all’interesse collettivo.

Che cosa significa L’amor di se stessi?

Nella “ricchezza delle nazioni” Adam Smith parla di amor per se stessi, perché, pur dicendo che da un lato  l’uomo è un animale sociale(3), tuttavia dall’altro riconosce che il funzionamento del mercato è regolato e governato da una serie di principi che non si riducono al “self love”, ovvero diretto alla soddisfazione dei bisogni naturali. Smith distingue tra <<Social passions>> e <<Unsocial Passions>>: riguardo alle unsocial passions Smith afferma: “our symphathy is divided between the person who feels them and the person who is the object of them”, nel caso delle social passions Smith dice “our sympathy is reinforced”.

Divisione del Lavoro.

Alla divisione del lavoro Smith attribuisce un’importanza fondamentale, tanto da inserirla all’apertura del suo saggio. Non fu il primo a intuirlo, si pensi a Platone o a Menenio Agrippa ma fu il primo a sistematizzarla. Smith ritiene che la causa principale del progresso stia nelle capacità produttive del lavoro; de facto, il suo concetto di divisione del lavoro anticipa quelle che furono le correnti fordiste. Egli sostiene che la specializzazione del lavoro in tanti sotto lavori di minor difficoltà e maggior monotonia facilitino il processo produttivo in quanto evitano uno spreco dei tempi.

L’uomo è portato a fare ciò di cui è capace, cercando di ottenere dal proprio tempo il massimo consentito dalle sue capacità, affinché la sua produzione sia la maggiore possibile. In questo modo, ratione materiae, mediante il mercato, l’uomo potrà scambiare ciò che ha prodotto in tempi brevi con merci che avrebbe prodotto in più tempo. Questa è la tendenza che viene oggi amplificata dalla maggior tecnicizzazione del lavoro, determinata dal fatto che la società diventa via via più complessa ed assume nuove esigenze.

Smith prende come esempio il semplice mestiere dello spillettaio: un operaio non addestrato a questo compito e non abituato ad usare le macchine che vi si impiegano, applicandosi al massimo difficilmente riuscirà a fare uno spillo al giorno. Se, invece, un uomo trafila e il metallo, un altro raddrizza il filo ed un terzo rotaia mentre un quarto gli fa la punta ed un quinto la schiaccia l’estremità dieci persone possono arrivare a fabbricare più di 48.000 spilli al giorno. Ciascuno, in questo modo, potrebbe fabbricare 4.800 spilli al giorno grazie ad un’adeguata divisione E combinazione delle operazioni diverse.

-La moneta.

Per soddisfare i propri bisogni, ciascun soggetto non può contare semplicemente su ciò che ha prodotto ma dovrà effettuare scambi con altri lavoratori. La tendenza dell’uomo è stata quella per secoli di conservare merci che si potessero dividere e scambiare più facilmente come i metalli. Successivamente, sui metalli venne imposta una coniatura come strumento di controllo del relativo peso reale per evitare delle frodi. Questa tendenza si è protratta sino ai giorni nostri con sistemi di coniatura sempre più efficienti fino ad arrivare al sistema monetario attuale. Smith analizza dunque la quantità di moneta da utilizzare negli scambi cioè il prezzo delle merci. Esistono due tipologie di prezzo:

a)Il prezzo reale: direttamente proporzionale alla quantità in termini di tempo di lavoro impiegato Nella produzione della merce e dalla qualità e difficoltà di tale lavoro.

b)Prezzo nominale: la moneta con cui viene pagato il prodotto o il lavoro, esso dipende dal prezzo reale ma su di esso influiscono ulteriori Fattori.

Sul prezzo nominale o naturale infatti agiscono tre diverse variabili: i) il lavoro, ii)il profitto dei fondi: cioè il guadagno percepito dall’investimento dei fondi e tale fattore influirà maggiormente sul prezzo quanto Maggiore sarà il rischio assunto dall’imprenditore, ed infine iii)la rendita dalla Terra, cioè la rendita che una persona percepisce per il fatto di possedere un terreno consentendogli lo sfruttamento produttivo.

Il prezzo di mercato a sua volta è determinato dalla domanda del prodotto in vendita, secondo la legge secondo cui se la domanda supera l’offerta il prezzo si alza ma se l’offerta supera la domanda il prezzo si abbassa. Il prezzo, pertanto, secondo Smith, tende naturalmente a stabilizzarsi sul valore naturale: infatti se si abbassa il prezzo di mercato si avranno dei tagli netti negli investimenti e nel lavoro che faranno diminuire l’offerta, ma se si alza il prezzo del mercato ci saranno nuove persone che eseguiranno il lavoro per produrre tale merce e di conseguenza aumenterà l’offerta.

IL COMMERCIO INTERNAZIONALE E LIBERO SCAMBIO.

Il sistema del commercio ha una particolare caratteristica che permette un grande beneficio, ovvero il fatto che questo permette ad un paese di importare ciò che manca per soddisfare i propri bisogni e di esportare ciò che non trova sbocco nel mercato interno. Per mezzo del commercio, dunque, è possibile uno sviluppo di attività al massimo livello ove le merci prodotte superino la richiesta del mercato interno.

Il commercio internazionale e il libero scambio comportano ad un incremento dei profitti e ad un aumento della ricchezza delle nazioni, ad esempio, la scoperta dell’America ha arricchito l’Europa non per l’importazione dei metalli preziosi ma per l’ampliamento dei mercati. Per quanto riguarda le restrizioni alle importazioni delle merci che si possono produrre nel paese, tali restrizioni possono portare potenzialmente ad un beneficio diretto delle attività di produzione nazionale.

Tali restrizioni alle importazioni tuttavia alterano il funzionamento della mano invisibile e interferiscono con le leggi naturali del mercato, quella che venne definita lex mercatorum, determinando due effetti negativi: è conveniente produrre una merce con mezzi propri se il costo dell’importazione è minore, dall’altro non è utile allo sviluppo del mercato indirizzare l’attività produttiva verso un prodotto impedendo la produzione di un altro che avrebbe potuto dare maggiori profitti.

Per quanto riguarda il protezionismo e l’autarchia peraltro, avevano già dimostrato di non essere degli strumenti efficaci di economia politica un esempio potrebbe essere quello del sacro Romano impero di Carlo V 1519-1.556. nessuno stato aveva sino ad allora accumulato tanti quantità di oro ed argento e controllato territori così vasti; il nuovo mondo aveva inoltre fatto entrare in Europa prodotti sconosciuti quali mais, cacao, peperoni ,zucche, patate, fagioli e pomodori. Eppure l’impero non resse: cominciò un inesorabile declino sino alla sua disgregazione e la Spagna rimase in uno stato di arretratezza economica dalla quale ha cominciato a risollevarsi solo pochi decenni or son.

Le cause della decadenza furono la particolare natura chiusa ed autoritaria delle istituzioni spagnole e le barriere al commercio imposte dalla corona che diede in monopolio le tratte trans oceaniche a una corporazione di mercanti di Siviglia. Costoro fecero in modo che la monarchia ricevesse oro e argento e tributi in abbondanza e lì tesaurizzasse o impiegasse in guerra ma impedirono qualsiasi forma di libero scambio. Anzi, la Spagna impose ostacoli anche tra colonie E Colonia. Queste politiche restrittive impedirono Il sorgere di una classe borghese. 

Tutto ciò era ben chiaro anche David Hume ,contemporaneo di Adam Smith ,che nei propri scritti “of commerce” del 1752, “of the balance of trade” del 1752 e “of the jealousy of trade” del 1758, racchiusi in quelli che vengono definiti “discorsi politici” di David Hume demolisce le credenze protezionistiche e mercantilistiche. Il grande filosofo empirista scozzese infatti scrive contro “La gretta e tossica” opinione (doxa) che fa guardare con sospetto lo sviluppo al benessere degli Stati confinanti, basata sull’idea in base alla quale sarebbe impossibile per uno stato essere prosperoso senza danneggiare qualcun altro; egli ritiene che “l’incremento delle ricchezze del commercio di un qualunque nazione, piuttosto che causare un danno, di solito favorisce i paesi limitrofi nell’acquisto di ricchezze di commerci”.

L’esperienza secondo Hume, dimostra che <<dove viene garantita la libertà di scambio tra le nazioni, è impossibile che l’economia interna di ciascun paese non riceveva uno stimolo positivo dai progressi degli altri>>

Di questo Hume aveva avuto un evidenza empirica: prendendo l’esempio dello sviluppo della Gran Bretagna nei due secoli precedenti il filosofo empirista notò che all’inizio la merce è importata dall’estero con nostro grande disappunto perché pensiamo che essa ci privi della nostra moneta ma in un secondo momento le competenze stesse vengono gradualmente importate a nostra evidente vantaggio. In poche parole, viene spazzata via l’erronea convinzione che il commercio serva a tesaurizzare e si spiega così la teoria della concorrenza come diffusione della conoscenza che sarà poi alla base del principio e del pensiero di Friedrich von Hayek.

<<Sono pochi gli inglesi che non pensano che la loro nazione sarebbe completamente rovinata se i vini francesi fossero venduti in Inghilterra talmente a buon mercato da soppiantare tutta la birra e di liquori distillati sull’isola: ma niente sarebbe più innocuo e probabilmente più vantaggioso. Ciascun nuovo acro di vigneto piantato in Francia lo scopo di fornire vino in Inghilterra renderebbe necessario ai francesi l’acquisto del prodotto di un campo inglese coltivato ad avena e Grano per il loro proprio sostentamento: ed è evidente che saremmo noi ad avere la risorsa di maggior valore(teoria dei vantaggi comparativi)>>

A questo segue Smith secondo cui <<è una regola di condotta di ogni prudente Pater familias quello di non cercare mai di fabbricare a casa ciò che costerebbe più fare da soli che comprare. Ciò che è prudenza nella condotta di una famiglia privata non può essere di certo follia nella conduzione di un grande regno>>

° Prendiamo ad esempio un fatto concreto, ripreso dall’avvocato De Nicola: se un paese è più efficiente di un altro -ad esempio – in due produzioni comunque gli conviene specializzarsi in una. Ad esempio poniamo che il Portogallo possa produrre una bottiglia di vino con 5 ore di lavoro ed un chilo di pane con 10 ore punto l’Inghilterra produce la stessa bottiglia in 3 ore e il chilo di pane in un’ora, sembrerebbe allora che all’Inghilterra convenga produrre tutto a casa. Invece il costo del Portogallo per produrre il vino sebbene più alto che in Alpione è più spesso basso rispetto al pane. Però ogni bottiglia prodotta il Portogallo dà via mezzo chilo di pane mentre all’Inghilterra basta un terzo di kg. Pertanto il Portogallo ha un vantaggio comparativo nel produrre il vino mentre l’Inghilterra Lo ha nel produrre il pane. Se Londra e Lisbona scambiano vino e pane uno a uno, il Portogallo convertirà le 10 ore che ci vogliono per produrre il pane per fare due bottiglie di vino. E anche l’Inghilterra ci guadagna perché per importare due bottiglie di vino dal Portogallo in cambio di 2 kg di pane ci dovrà mettere due ore di lavoro mentre per fare una bottiglia di vino ce ne deve impiegare tre e quindi con lo scambio immaginato convertirà le tre ore per sfornare 3 kg di pane e alla fine si troverà con una bottiglia in più perché ne importa due e un chilo di pane in più perché gliene avanza uno. Ecco qui la teoria dei vantaggi comparativi spiegata senza le complesse formule matematiche utilizzate dagli odierni economisti.

  • LE IMPOSTE

Adam Smith considera l’ esistenza delle tasse con realismo: esistono in quanto servono per pagare spese pubbliche imprescindibili per lo stato.

Tuttavia esse devono conformarsi ai famosi 4 principi:

1)Ogni suddito deve contribuire a mantenere il governo in stretta proporzione al reddito

2)L’imposta che ogni individuo è tenuto a pagare deve essere certa e non arbitraria. Tempi modi ed entità del pagamento devono  essere chiari e semplici per il contribuente e per ogni altra persona.

3)Ogni imposta deve essere riscossa nel modo e nel tempo più comodi per ogni contribuente.

4)Ogni imposta dovrebbe essere tale da sottrarre ale tasche del popolo il meno possibile oltre a ciò che fa entrare entrare nel tesoro dello stato.

  • Riguardo alla teoria dei sentimenti morali.

La teoria di Smith (4) si concentra sulla cooperazione nel piccolo gruppo, nel quale le interazioni tra uomini sono dirette e personali mentre la “Wealth of the Nations”( la ricchezza delle nazioni) si occupa della cooperazione nelle relazioni interpersonali di mercato. Questa opera si fonda sull’intuizione secondo cui la vita di relazione organizzata nella società è la natura stessa dell’esistenza umana. L’uomo è dotato pertanto di una immaginazione morale attraverso cui immaginiamo cosa provino gli altri punto La morale si sviluppa nell’interazione con gli altri e cercando delle forme di condivisione con il prossimo secondo l’enunciato io giudico la tua vista attraverso la mia vista la tua ragione attraverso la mia ragione. A fondamento del comportamento umano in tutti i suoi aspetti Smith pone il bisogno di essere amati e amabili cioè l’esigenza di essere rispettati, accettati , stimati , riconosciuti da altri esseri umani, nonché la capacità di osservarsi mediante la prospettiva di uno spettatore imparziale. Grazie a questa capacità di autosservars l’uomo raggiunge una buona condotta naturale che gli fa gestire le passioni. Lo spettatore imparziale è quello che altri filosofi chiamano “la coscienza” e le passioni insane, sono il frutto spesso della solitudine. La società e la conversazione sono i mezzi migliori per raggiungere la tranquillità.

Nella natura umana secondo Smith convivono due principi: la simpatia e l’amor di se stessi. Smith utilizza il termine sympathy per indicare il sentimento di empatia in generale cioè sentire in consonanza con gli affetti di un’altra persona. La simpatia è uno dei principi fondamentali della natura umana al di là del maggiore o minore egoismo dei singoli e su di essa si fonda la possibilità del giudizio etico. In aggiunta, ad fortiori, all’amore di sè Smith riconosce un significato positivo: non è solo egoismo, ma anche la fonte di sentimenti , Nobili ,di grandezza.

Di Daniele Luigi Filippo

Note

1[Adam Smith, La ricchezza delle Nazioni, Libro IV, Capitolo 2]

2Adam Smith , La ricchezza delle nazioni Libro 1, cap. 2.

3Aristotele, La metafisica, tà metà tà fisikà libro I: w ànthropos zoòn politikòn estì

4La teoria dei sentimenti morali, 1759

Bibliografia

Smith, La ricchezza delle nazioni 1776

Smith, La teoria dei sentimenti morali 1759

David Hume, political Discourses, 1752