Scienza

DI RICCI, DI LEVI-CIVITA E DEL CALCOLO TENSORIALE

Di Ricci, di Levi-Civita e del Calcolo Tensoriale.

DI ELENA MURARO.

1 Il primo elemento (1)L’equazione sopra riportata è sicuramente una delle più affascinanti di tutta la fisica.Questa è l’equazione di campo ideata da Albert Einstein.Essa è il fondamento della teoria della relatività generale.Analizzandola più da vicino ci accorgiamo che il primo elemento riportato Rµν è il tensore di curvatura di Ricci. Einstein, infatti, per provare la sua teoria si avvalse del calcolotensoriale: una branca della matematica relativamente nuova che trova le sue origini tra la finedel 1800 e l’inizio del 1900 in Italia, all’Università di Padova, che trae le sue origini dalla mentedi Gregorio Ricci Cubastro (1853-1925). 2 Come nasce il tensore? Abbiamo, però, introdotto il calcolo tensoriale senza chiamarne in causa il protagonista.Per comprendere la storia del calcolo differenziale assoluto dobbiamo capire quella del soggetto principale: il tensore. La strada per arrivare al concetto di tensore è stata spianata da numerosimatematici ben noti: Lagrange, Gauss e Riemann.Lagrange contribuì grazie al suo lavoro nello studio del trattamento dei sistemi dinamici; Gauss invece trattò le superfici curve e la geometria differenziale; per concludere Riemann introdusse la nozione di varietà topologica con elemento in forma differenziale lineare quadratico e generalizzò la geometria in un numero qualsiasi di dimensioni. A questi studiosi vanno poi aggiunti Lipschitz e Christoffel che studiarono le forme quadratiche.Il più importante contributo venne dato da William Rowan Hamilton (1805-1865) nel 1866quando venne pubblicato postumo Elements of Quaternions(1 ) dove introdusse vari concetti evarie parole utilizzati tutt’oggi quali: scalare, vettore, quaternioni ed il nostro tensore.Ma cos’è esattamente quest’ultimo? Prima di procedere dobbiamo sottolineare il fatto chesecondo Hamilton, al posto dei tensori, molto importanti erano invece i versori, definiti comeil quoziente di due vettori unità. Egli fu in grado di dimostrare che i versori potevano essererappresentati come punti su una sfera, inoltre trovò che la moltiplicazione per versori era ingrado di ruotare altri vettori nello spazio secondo l’angolo relativo alla posizione del versoresulla sfera.L’impiego dato ai tensori, invece, era come quello delle norme di un quaternione:infatti, andando a moltiplicare un vettore per un quaternione generico si ottiene la rotazionedello spazio e di conseguenza si allunga o restringe quest’ultimo in base alla quantità valutatadal tensore. Possiamo affermare, in un certo senso, che si va ad applicare una “tensione” ed eccoche da qui nasce il nome tensore. Il bisogno quasi ossessivo di Hamilton di riscrivere la geometriadel tempo in termini di quaternioni ne minò la creatività diventandone così il fattore limitante.Egli finì appunto per imporre una restrizione innaturale sia per lo spazio a tre dimensioni cheper i suoi quaternioni.Una parte molto interessante del libro scritto da Hamilton è quella in cui lui parla del“Vector of Curvature”(2), dove egli definisce il vettore di curvatura.Significativo è come egli parli del tensore considerandolo come una misura numerica di quella che solitamente viene chiamata curvatura.

Questo ha portato numerosi studiosi a fare un passo in più:

oramai i tensori erano collegati concettualmente in maniera inscindibile al concetto di curvatura, di conseguenza quest’ultima si evolveva espandendosi a misure multi-dimensionali a matrici.

Anche il tensore si espanse diventando non più una lunghezza, ma un vero e proprio strumento per misurare la forma.

Lo studioso Woldemar Voigt (1850-1919) fu il primo ad applicare il tensore in senso fisicograzie al suo studio delle proprietà fisiche dei cristalli che ritroviamo in Die fundamentalenphysikalischen Eigenschaften der Krystalle in elementarer Darstellung (3).Nel libro sopracitato egli scrive:

“Vogliamo quindi basarci sul fatto che condizioni del tipo descritto si verificanonel caso di tensioni (anche contrazioni) ed allungamenti di corpi non rigidi, ed essi per questodefiniscono tensorie le loro caratteristiche grandezze fisiche, quindi Tensori.” (4) dove “Tensoren” è appunto il nostro tensore.

3 Il premio mancato Era il 1887 quando Ricci spedì tre fogli di ricerca sulla teoria quadratica delle forme differenzialial Premio Reale per la Matematica sostenuto dall’Accademia dei Lincei. Quell’anno assieme aRicci vi erano altri partecipanti tra cui Giulio Ascoli (1843-1896) e Riccardo De Paolis (1854-1892). La commissione dei Lincei capeggiata da Eugenio Beltrami (1835-1900) cercò di assegnareil premio ad uno dei tre partecipanti, ma incapaci di arrivare ad una decisione unanime venneavanzata la proposta di dividere il premio fra Ricci e De Paolis. L’idea sarebbe andata in portose tutti i partecipanti della commissione fossero stati d’accordo, ma nonostante le lunghissimedeliberazioni, alla fine si optò per la non assegnazione del premio. Alla fine del lavoro dellacommissione, Beltrami scrisse ai partecipanti incoraggiandoli a continuare le proprie ricerche.Questo gesto, dal punto di vista di Ricci, venne considerato come un vero e proprio premio.Eugenio Beltrami era infatti un matematico che nella sua lunga carriera aveva approfondito ilcampo della geometria differenziale rifacendosi ai lavori di Lobachevsky, Gauss, Riemann e LuigiCremona.Ad influenzare in maniera evidente il lavoro di Ricci erano state proprio le tecnichedifferenziali di Beltrami, le quali divennero in maniera indiretta una vera e propria base perl’avvento del calcolo tensoriale.Riguardo il primo foglio proposto da Ricci al concorso, Principii di una teoria delle formedifferenziali quadratiche( 5), Beltrami nel suo report sottolineò come Ricci fu il primo a stabilire un criterio per distinguere le forme quadratiche differenziali suddividendole tra classe zero e classe uno, andando anche a dimostrare le condizioni necessarie e sufficienti per entrare inuna delle due categorie.Nella seconda ricerca spedita da Ricci, Sui parametri e gli invariantidelle forme differenziali quadratiche (6), come precedentemente appuntato, egli si rifece al lavoro sulla teoria dei parametri differenziali effettuato da Beltrami.Ricci grazie al suo approccio prettamente algebrico al problema introdusse la derivata covariante, essenziale per la riuscita del lavoro di Einstein. Questa derivata, già introdotta da Christoffel, comparve con lo scopo di, partendo da una forma fondamentale, ricavare i coefficienti relativi alla forma covariante quadratica differenziale.Il terzo articolo, che faceva riferimento ad alcuni suoi lavori precedenti e a quelli di Beltrami,riguardava lo studio dei sistemi di integrali indipendenti relativi ad un’equazione differenzialeappartenente al primo ordine di tipo lineare e omogeneo.Alcuni anni più tardi, più precisamente nel 1888, Ricci pubblicando Delle derivazioni co-varianti e controvarianti e del loro uso nella analisi applicata (7) definì per la prima volta ladifferenziazione covariante e quella controvariante dimostrando la loro funzione.Secondo Tullio Levi-Civita(8)(1873-1941) a condizionare la nascita del calcolo tensoriale furonoRiemann e Christoffel. Il primo con il suo concetto di spazio, mentre il secondo, circa vent’anniprima, nel suo articolo U¨ber die Transformation der homogenen Differentialausdrücke zweitenGrades (9) aveva analizzato i requisiti per cui è possibile che due forme differenziali si trasforminol’una nell’altra. Continuando a dimostrare la sua teoria egli era arrivato in particolar modo aformare una notazione conosciuta con il nome di “Simboli di Christoffel”.Nello specifico il matematico Dirk J. Struik (1894-2000) ritenne che come punto di partenza Ricci avesse preso proprio l’articolo sopracitato di Christoffel, il quale permise al fisico italiano di venire a conoscenza delle teorie sviluppate da Riemann.Ricci all’interno del suo articolo partì dalla tecnica utilizzata daChristoffel per risolvere il problema delle due forme quadratiche differenziali.Egli rielaborando e sviluppando le idee date da Christoffel arrivò a modificare i passaggi utilizzati solitamente per effettuare il calcolo differenziale.Vi sono numerosi vantaggi nell’utilizzare la tecnica propostada Ricci, in particolar modo possiamo notare che le equazioni e i risultati restano indipendentidalla scelta delle variabili, cosa che non si può ritrovare nella notazione comunemente utilizzata.Ciò ci dice che le equazioni prese in considerazione si possono ridurre sempre a dei sistemi difunzioni le quali possono essere rappresentate nella loro totalità da simboli. In questa medesimapubblicazione Ricci andò a presentare le operazioni e le regole della differenziazione covariantee controvariante.Il metodo di Ricci permette inoltre ad un sistema fisico o geometrico di essere analizzatoda diversi punti di vista e di essere caratterizzato da un insieme di equazioni indipendenti daparticolari coordinate del sistema, le cui componenti però variano a seconda della scelta dellecoordinate. Al fine di convincere i propri colleghi dei grossi vantaggi che si avevano ad utilizzare ilsuo metodo, Ricci propose numerosi esempi nel campo della fisica e della geometria differenziale.I suoi contemporanei non furono molto reattivi di fronte alla novità, tranne Beltrami il qualeavendo capito l’importanza della nuova tecnica di Ricci predisse che questa avrebbe aperto lastrada per ulteriori sviluppi in ambito fisico e matematico.È il 1892 quando Ricci, pubblicando con il collega Levi-Civita, lo scritto Methods of theAbsolute Differential Calculus and Their Applications (10) finalmente decise di dare un nome allasua tecnica che inizialmente chiamò “Calcul Différentiel Invariantif ” finendo poi col ribattezzarla,l’anno seguente, con il nome di “Calcolo Differenziale Assoluto”.  *4 La resa* Albert Einstein nel concepire la teoria della relatività speciale si era affidato a due postulati:il primo che la velocità della luce è costante, indipendente dalla posizione e dalla velocità del-l’osservatore; il secondo che l’unica relazione che ci può essere tra due osservatori che stannoviaggiando a velocità costante è quella del moto relativo. Il postulato di maggior rilevanza è ilprimo in quanto ci dice che il trascorrere del tempo stesso è dipendente dalla velocità dell’osser-vatore. Inoltre da qui si assume che una quantità di massa data viene totalmente convertita inenergia e che rispetta l’equazione E = mc2.Nel 1908 Hermann Minkowski (1864-1909) decisedi riformulare la teoria di Einstein in una forma geometrica secondo le quattro dimensioni e lospazio-tempo. Nonostante numerosi matematici fossero ben propensi ad accettare la sua visionesullo spazio e sul tempo Minkowski trovò un accoglienza fredda da parte della società fisica:numerosi scienziati faticavano ad accettare il fatto che lo spazio euclideo non fosse più luogodei fenomeni fisici. Einstein faceva parte di questo gruppo, era infatti molto cauto nei confrontidi metodi matematici complessi preferendo fidarsi di calcoli semplici e di facile comprensione;impiegò quindi circa tre anni ad adattarsi alla nuova geometria.Era il 1912 quando Einstein si trasferì al Eidgenössische Technische Hochschule Zürich (ETH Zürich) sotto raccomandazione del collega e amico Marcel Grossmann (1878-1936). Fu naturale per Eisntein chiedere la sua collaborazione per risolvere un problema: la geometria euclidea infatti non bastava per spiegare il movimento dei fenomeni in presenza di forze gravitazionali. Grossmann ritenne che la geometria di Riemann fosse la risposta al problema di Einstein. Poichè i due stavano riscontrandoproblemi a porre le equazioni fisiche nello spazio curvo di Riemann, Grossmann comunicò adEinstein le scoperte di due matematici italiani: Ricci e Levi-Civita, i quali avevano sviluppatoil metodo matematico in grado di svolgere quella operazione. Non era però la prima volta cheEinstein sentiva i loro nomi, infatti alcuni anni prima mentre si trovava a Praga egli era venuto acontatto con il matematico Georg Pick (1859-1942) che gli aveva suggerito di provare a guardareil calcolo differenziale assoluto sviluppato dai due studiosi italiani. Nel 1913, un anno dopo esserevenuti a conoscenza del calcolo di Ricci, Einstein e Grossmann pubblicarono una carta, Entwurfeiner verallgemeinerten Relativiätstheorie und einer Theorie der Gravitation (11) dove spiegavanola teoria della gravitazione, il primo dal punto di vista prettamente fisico, mentre il secondo dalpunto di vista matematico. Grossmann nell’articolo utilizzò tensori covarianti, controvarianti emisti relativi a spazi di dimensioni arbitrarie e di qualsiasi rango. Innovativo fu l’uso della parolatensore in un contesto del genere in quanto Ricci e Levi-Civita si erano riferiti a questi oggetticome sistemi covarianti o controvarianti. In questo campo il calcolo differenziale assoluto divennelo strumento principale al fine di scrivere le equazioni fisiche covarianti.Nell’ottobre dell’annosuccessivo, Einstein pubblicò il documento dove riportò un metodo per scrivere le equazioni dicampo non generalmente covarianti: prima di derivare le equazioni relative al campo gravitazio-nale, con l’aiuto del calcolo differenziale assoluto ideato da Ricci e Levi-Civita, egli sottolineòche questa tipologia di equazione non può risultare covariante in tutta la generalità.Quando la copia del documento arrivò a Max Abraham (1875-1922), uno dei critici più famosi della teoria della relatività, Einstein sperava in un opinione da parte di quest’ultimo. Il critico però scrissea Levi-Civita confidandogli di non riuscire a seguire pienamente il ragionamento di Einstein.I due si incontrarono pochi giorni dopo a Padova e parlarono dell’articolo. In seguito a questaconversazione Levi-Civita decise di scrivere al fisico tedesco. I due si scambiarono numerosissime lettere da marzo a maggio del 1915. Levi-Civita trovò degli errori nel metodo sfruttato da Einstein di utilizzo del calcolo tensoriale, in particolare, gli corresse il tensore gravitazionale al fine di escludere una conseguenza non ammissibile fisicamente. Einstein inizialmente difese la sua posizione, ma alla fine si arrese di fronte al matematico italiano. In questo modo Einstei finì per dimostrare la sua teoria sulla relatività rendendo il calcolo di Ricci di interesse mondiale,portandogli il riconoscimento che i suoi colleghi non erano riusciti a dargli.   1)Hamilton, W.R. (1866): Elements of Quaternions, edited by Hamilton, E.H., Longmans, Green & Co.,London.2)Hamilton W.R. (1866):Elements of Quaternions, edited by Hamilton E.H., Longmans, Green & Co., London.3)Voigt W. (1989): Die fundamentalen physikalischen Eigenschaften der Krystalle in elementarer Darstellung,Leipzig, Verlag Von Veit & Comp.4)“Wir wollen uns deshalb nur darauf stützen, dass Zustände der geschilderten Art bei Spannungen und Dehnun-gen nicht starrer Körper auftreten, und sie deshalb tensorielle, die für sie charakteristischen physikalischen Grös-sen aber Tensoren nennen.” in Voigt W. (1989): Die fundamentalen physikalischen Eigenschaften der Krystallein elementarer Darstellung, Leipzig, Verlag Von Veit & Comp., p. 20.5) Ricci Cubastro G. (1883): Principii di una teoria delle forme differenziali quadratiche, Annali di Matematica12, 135–167. https://doi.org/10.1007/BF024204686)Ricci Cubastro G. (1886): Sui parametri e gli invarianti delle forme quadratiche differenziali, Annali diMatematica 14, 1–11. https://doi.org/10.1007/BF024207237) Ricci Cubastro, G. (1988): “Delle derivazioni covarianti e controvarianti e del loro uso nella analisi applicata”in Studi editi dalla Università di Padova a commemorare l’ottavo centenario della origine della Università diBologna, vol. III, 3-23. Tipografia di Seminario, Padova. In Opere, I, 245-267.8) Inizialmente studente e poi collega di Gregorio Ricci Cubastro9)Christoffel E.B. (1869): “Ueber die Transformation der homogenen Differentialausdrücke zweiten Grades” inJournal für die reine und angewandte Mathematik 70: 46-70. http://eudml.org/doc/14807310Ricci Cubastro G. e Levi-Civita T. (1900): “Méthodes de calcul différentiel absolu et leurs applications”, inMath. Ann., 54, 125–201.11)Einstein A. e Grossmann M. (Leipzig, 1913): Entwurf einer verallgemeinerten Relativiätstheorie und einerTheorie der Gravitation, CPAE, vol.4, Doc. 13. 5 Bibliografia[1] Einstein A. e Grossmann M. (Leipzig, 1913): Entwurf einer verallgemeinerten Relativiä-tstheorie und einer Theorie der Gravitation, CPAE, vol.4, Doc. 13.[2] Goodstein J. R. (2018): Einstein’s Italian Mathematicians: Ricci, Levi-Civita, and TheBirth of General Relativity, American Mathematical Society.[3] Hamilton W.R. (1866): Elements of Quaternions, edited by Hamilton E.H., Longmans,Green & Co., London.[4] Ricci Cubastro, G. (1988): “Delle derivazioni covarianti e controvarianti e del loro usonella analisi applicata” in Studi editi dalla Università di Padova a commemorare l’ottavocentenario della origine della Università di Bologna, vol. III, 3-23. Tipografia di Seminario,Padova. In Opere, I, 245-267.[5] Ricci Cubastro G. e Levi-Civita T. (1900): “Méthodes de calcul différentiel absolu et leursapplications”, in Math. Ann., 54, 125–201.[6] Voigt W. (1989): Die fundamentalen physikalischen Eigenschaften der Krystalle in ele-mentarer Darstellung, Leipzig, Verlag Von Veit & Comp. 6 Sitografia [1] Christoffel E.B. (1869): “Ueber die Transformation der homogenen Differentialausdrückezweiten Grades” in Journal für die reine und angewandte Mathematik 70: 46-70. http://eudml.org/doc/148073 [Data di accesso: 17/06/2021][2] Ricci Cubastro G. (1883): Principii di una teoria delle forme differenziali quadratiche, An-nali di Matematica 12, 135–167. https://doi.org/10.1007/BF02420468 [Data di accesso:17/06/2021][3] Ricci Cubastro G. (1886): “Sui parametri e gli invarianti delle forme quadratiche differen-ziali”, in Math. Ann., 14, 1–11. https://doi.org/10.1007/BF02420723 [Data di accesso:17/06/2021]  

FISICA

UNA BREVE INTRODUZIONE ALLA RELATIVITA’ GENERALE E ALLA RELATIVITA’ RISTRETTA

Di Emanuele Pestrichella

Con l’introduzione della relatività ristretta nel 1905 Einstein rende compatibili l’elettromagnetismo e la meccanica classica. Più precisamente, la teoria riesce nel difficile intento di conciliare i principi fisici seguenti:

– il principio di relatività galileiana, che asserisce che le leggi fisiche sono le stesse per tutti i sistemi inerziali. Matematicamente, ciò equivale a chiedere che tutte le leggi della fisica siano simmetriche (cioè invarianti) rispetto alle cosiddette trasformazioni galileiane;- le equazioni di Maxwell governanti l’elettromagnetismo, e in particolare il fatto (conseguenza di queste equazioni) che le onde elettromagnetiche viaggiano sempre alla stessa velocità, indipendentemente dal sistema di riferimento scelto. I due principi sono incompatibili. Per risolvere questa contraddizione, Einstein mantiene il principio di relatività, accetta come universale la costanza della velocità della luce introdotta dall’elettromagnetismo e sostituisce le trasformazioni galileiane con nuove trasformazioni, introdotte poco prima da Hendrik Lorentz e perciò dette trasformazioni di Lorentz. Questa modifica concettuale produce effetti concreti soltanto per corpi che viaggiano a velocità vicine a c, ma cambia radicalmente le nozioni di spazio e di tempo, che, mentre nella meccanica galileiana sono distinte, nella teoria di Einstein divengono un tutt’uno nello spaziotempo (in seguito spaziotempo di Minkowski). L’incongruenza fra le due teorie è felicemente risolta, ma la soluzione proposta crea una nuova contraddizione, questa volta con una teoria fisica vecchia di due secoli: la teoria della gravitazione universale. La teoria di Isaac Newton, infatti, è compatibile con il principio di relatività galileiana, ma non con il nuovo principio di relatività di Einstein. Le incongruenze principali sono le seguenti:secondo la relatività ristretta, nessuna informazione può viaggiare più veloce della luce. D’altro canto, secondo la teoria di Newton la forza di gravità ha effetto istantaneo: se il Sole si dovesse spostare in una direzione, la forza che esercita sulla Terra cambierebbe immediatamente, senza ritardo. L’informazione “il Sole si sposta” è quindi trasmessa istantaneamente, e quindi a velocità maggiori di c la legge di gravitazione universale non è invariante rispetto alle trasformazioni di Lorentz: la forza di gravità non rispetta quindi il (nuovo) principio di relatività. Invece con la relatività ristretta, Einstein sostituisce lo spazio e il tempo newtoniano con lo spazio-tempo di Minkowski. Le dimensioni sono sempre quattro, ma la novità sta nel “mescolamento” fra le tre dimensioni spaziali e quella temporale, la cui “separazione” varia a seconda del sistema in cui sta l’osservatore. Da un punto di vista matematico, lo spazio-tempo di Minkowski è R^4 dotato di un prodotto scalare lorentziano, cioè con segnatura (3,1). Non avendo lo spazio-tempo un’origine preferita, si parla più precisamente di spazio affine. Nella relatività generale, lo spazio-tempo di Minkowski è solo un modello che approssima localmente lo spazio-tempo, che è in realtà “distorto” dalla massa. Tutte queste nozioni utilizzano concetti matematici rigorosi e non banali, sviluppati all’inizio del Novecento.La nozione matematica che descrive uno spazio-tempo quadridimensionale localmente modellato su R^4 è quella di varietà. Le varietà sono oggetti di dimensione arbitraria abitualmente studiati in topologia. Secondo la relatività generale, lo spazio-tempo è una varietà lorentziana di dimensione 4. Il termine “lorentziano” indica che lo spazio tangente in ogni punto è dotato di un prodotto scalare di segnatura (3,1). Informalmente, questo sta a indicare che lo spazio-tempo è localmente modellato sullo spazio-tempo di Minkowski. Questo prodotto scalare di segnatura (3,1) è più precisamente un tensore, detto tensore metrico. Come nelle varietà riemanniane, il tensore metrico governa tutta la geometria dello spazio: definisce una “distanza” fra punti e quindi una nozione di geodetica, intesa come “cammino più breve” fra due punti (queste nozioni sono un po’ più sottili nel contesto lorentziano perché la distanza può essere “negativa”). La geometria locale vicino a un punto dello spazio-tempo non è però indipendente dal punto, come accade nello spazio newtoniano e in quello di Minkowski. La geometria locale qui è determinata dalla quantità di massa (e energia) presente nel punto: la massa genera curvatura, che viene misurata da alcuni strumenti matematici raffinati quali il tensore di Riemann, il tensore di Ricci e la curvatura sezionale.Tutte queste nozioni vengono definite in modo formale: lo spazio-tempo e la sua curvatura sono descritti tramite equazioni. Da un punto di vista visivo le nostre possibilità di immaginazione sono limitate dallo spazio tridimensionale in cui viviamo: l’unico modello che riusciamo a raffigurare correttamente è quello di un universo a una dimensione spaziale (invece di tre) e una temporale. In questo caso, l’universo ha dimensione 1+1=2 e può essere raffigurato come una superficie nello spazio. Un punto materiale in movimento (o fermo) è rappresentato da una linea (detta linea di universo), che fornisce la sua posizione per ogni istante. La curvatura della superficie incide sulla traiettoria del punto in movimento in modo simile a quanto succede effettivamente nello spaziotempo. Se la superficie non contiene massa, allora è piatta e gli oggetti si muovono lungo linee rette. Se la superficie è curva, la geometria cambia e le linee di universo possono comportarsi in modo molto diverso, come accade nelle geometrie non euclidee. Fra le complicazioni concettuali della teoria, c’è da sottolineare che la curvatura dello spazio-tempo non è solo spaziale: tutte e quattro le dimensioni sono “piegate”, inclusa quella temporale (non potrebbe essere altrimenti, visto che spazio e tempo sono “mescolati” già nella versione senza massa di Minkowski).

PSICOANALISI

UNO SGUARDO PSICOANALITICO SUL POPULISMO: LA POSIZIONE DELL’INDIVIDUO NELLE MASSE

Il populismo è la forma politica che maggiormente rappresenta ad oggi le democrazie occidentali e che negli ultimi decenni è stato connotato ampiamente con accezione negativa. C’è molta correlazione con la vittoria capitalistica che ha sconfitto e annientato ogni ideale prevedente un popolo caratterizzato da uguaglianza e libertà, ma soprattutto la speranza di avere un popolo. I valori consumistici hanno trasformato i popoli ,composti da persone, in masse: queste sono formate da individui denotati attraverso un valore economico e che riportano intrinsecamente le caratteristiche invarianti del mercato, la produzione e il consumo, alla stregua di un umano non più portatore di vizi e virtù, diritti e doveri, valori e ideali, bensì come essere vendibile e monetizzabile, che riflette il paradigma societario dell’utile tirannico.
Dal punto di vista psicologico il fenomeno del populismo può essere guardato come la necessità (o la costrizione) di avere un leader carismatico che si faccia portavoce, in modo anche fittizio, dei problemi delle classi sociali medie e che, attraverso il potere d’influenza esercitato restituisca un senso di sicurezza che manca all’individuo moderno. Certamente questo può sembrare molto simile alle condizioni che portano le società alle scelte di dittatori e tiranni, indipendentemente dalle azioni aberranti e disumane messe in atto in quanto questo aspetto richiederebbe un altro spazio di riflessione. A parere del sottoscritto, infatti, le condizioni e i presupposti psichici sono molto simili, ciò che cambia nel populismo è la matrice sociale di riferimento, quel terreno comune che determina la comprensione e il significato di tutti gli eventi (Foulkes, 1964).
Fin dagli inizi la psicoanalisi si è occupata di psicologia delle masse, nonostante venga spesso identificata come la scienza che si occupa esclusivamente dell’individuo. La realtà è che, Freud, già a partire dai suoi primi scritti ha sempre dato rilevanza al contesto sociale (che qua chiameremo matrice) allargato per definire i suoi costrutti psichici e la sua intera metapsicologia, e cercando di comprendere, anche se spesso abbagliato dalla luce delle sue scoperte, il rapporto che vi è tra contesto storico-culturale e individuo. Per Freud il rapporto del gruppo con il capo è dato da meccanismi di identificazione attraverso un processo con il quale l’Ego ideale individuale viene sostituito da un oggetto esterno. Ovviamente oltre alle dinamiche in sincronia bisogna considerare in una prospettiva individuale analitica che tutti i processi transferali diacronici si attivano nell hic et nunc di una precisa situazione storica e sociale, rendendo il campo un oggetto di indagine complesso e quindi di difficile distinzione tra il “qui e ora” e il “lì e allora”.
La domanda che sorge spontanea è il chiedersi come mai certi tipi di capi? Come mai una forma politica basata sul populismo? Certamente le risposte non possono che essere interpretative. L’individuo è intrinsecamente portato a mettere in atto meccanismi di difesa, funzioni proprie dell’Io, per poter gestire le conflittualità interne ed esterne (Freud). Il mondo attuale è sicuramente caratterizzato da una serie di emozioni (maniacalità, tristezza depressiva) dove la dominante spesso appare essere la paura. Queste emozioni primitive devono essere tenute a bada dall’individuo attraverso i suoi meccanismi di difesa inconsci per evitare la frammentazione del suo Sé, ovvero una condizione psichica arcaica, che potremmo identificare come una condizione simil-psicotica in cui i confini tra realtà esterna e mondo interno sono labili. Prendendo in prestito le parole di Melanie Klein potremmo dire che viviamo in un mondo fermo alla posizione schizo-paranoide senza però riuscire a starci senza angoscia di persecuzione (capacità negativa di Bion). Questo significa che gli individui che vivono in questo periodo utilizzano il meccanismo della scissione, dividendo l’esperienza esterna in buona o cattiva senza possibilità di integrare le parti. Il populismo moderno aderisce perfettamente a questo modo di pensare, incarnando tutte le caratteristiche positive che vengono proiettate dagli innumerevoli seguaci e scaricando gli aspetti negativi disconosciuti nei confronti del nemico. Certo che la tattica del trovare un nemico è una modalità assai nota e antica di manipolazione delle masse e non rappresenta una caratteristiche specifica del populismo, tuttavia è interessante notare come con l’avvento dell’era digitale il populismo sia stato in grado di creare un nemico in assenza del nemico stesso: non è il nemico della guerra, del fronte, che ti ritrovi davanti, è un nemico costruito a pennello, un nemico vestito di caratteristiche (dis-)umane che non si sa nemmeno se gli appartengano davvero. Altri motivi che potrebbero portare il populismo sul trono (ossimoro sarcastico, ma non poi così tanto) sono tutte quelle serie di modalità individuali (oltre all’identificazione e la scissione) per non sentire e percepire l’incertezza, alla quale siamo più che mai intolleranti, come ad esempio la compensazione. Per Adler questa difesa è come un naturale sforzo che tutte le persone mettono in atto al fine di superare il complesso d’inferiorità mentre per Freud è un movimento volto al non sentire i propri limiti e le proprie debolezze, che vengono compensati proiettando aspetti grandiosi (derivati di un Narcisismo primario) in oggetti esterni ai quali poi si legano.
La psicodinamica dei gruppi può aiutare a dare uno sguardo più attento al fenomeno del populismo. Bion, grande esponente della scuola inglese psicoanalitica, si è occupato del Gruppo riuscendo ad osservarlo nelle sue due componenti primarie: il gruppo di lavoro e il gruppo in assunto di base. Il gruppo di lavoro è un insieme di individui che hanno un obbiettivo da raggiungere per il quale si sono riuniti; è raro però che questi riescano sempre a seguire con razionalità gli scopi prefissati in quanto in maniera inconscia esiste l’altra faccia della medaglia: il gruppo in assunto di base. Gli assunti di base sono fantasie inconsce condivise che rappresentano il motivo “virtuale” per il quale il gruppo si è riunito; “in altre parole, i componenti del gruppo iniziano ad agire sulla base di un assunto riguardo al gruppo che è diverso dal compito preposto”. Gli assunti di base identificati da Bion sono 3: attacco-fuga, dipendenza e accoppiamento. Nell’assunto di dipendenza il gruppo si riunisce per contrastare le angosce depressive e mette atto debolezze e incapacità, necessitando appunto di dipendere da qualcuno di superiore. L’assunto di accoppiamento consiste in una credenza che due membri del gruppo si accoppieranno e daranno vita a un messia, un salvatore (in futuro) che placherà tutte le loro angosce. Infine, il gruppo attacco-fuga è una regressione schizo-paranoide: la cattiveria è proiettata all’esterno ed è quindi necessario scappare o attaccare. Nonostante Bion queste teorizzazioni nascano dall’osservazione di piccoli gruppi gruppoanalitici mi piace pensare come questi concetti siano espandibili anche su gruppi di larga scala, come popoli e società (tema tutt’ora dibattuto in psicoanalisi).
La rivisitazione di Bion conferma le geniali intuizioni di Freud sui gruppi, come quella di aver ritenuto libidica la natura del legame tra capo e gruppo. Un legame che oso ipotizzare abbia natura transferale con riattualizzazione di modelli operativi interni generati nel rapporto con le figure genitoriali come espressione di un’alterità autoritaria (Super Egoica), nel superamento di una triangolazione edipica grazie all’elaborazione del lutto per la morte del desiderio di uccisione del padre. La forclusione del nome del padre, così come enunciato da Lacan, crea una condizione psichica immatura e fragile che non è in grado di tollerare l’incertezza senza persecuzione (-K, Bion) e quindi ricerca assiduamente, oltre che a un capo paterno, un gruppo che soddisfi gli assunti di base di accoppiamento e dipendenza.
La scelta del leader tramite identificazioni proiettive è indipendente dalle necessità del gruppo di lavoro e in rapporto invece a quelle dell’assunto di base dominante. Non si sceglie un capo gruppo per adesione a ideali ma in quanto possiede qualità (o sembra possederle) che lo rendono adatto a soddisfare i bisogni (inconsci) del gruppo di base. Importanti nell’analisi del populismo sono le qualità e le capacità di perdere la propria individualità (divenendo automa), le scarse capacità di contatto con la realtà e la capacità di esprimere le richieste emotive del gruppo di base. Questi aspetti dimostrano come un gruppo possa essere considerato una condizione regressiva, per tutti i membri che ne fanno parte, portando gli individui a condizioni precedenti quelle dell’individuazione e più vicine a una fusionalità quasi infantile. Il seguire il gruppo, l’esistere e l’essere nella matrice, sono delle condizioni ricercate perché portano vantaggi non di poco conto per l’individuo: la creazione di un pensiero unico, il silenziamento dei conflitti interni, l’evitamento dell’angoscia di castrazione (assertività), la diffusione di responsabilità e tante altre. Inoltre, mi piacerebbe concludere ponendovi due prospettive diverse sull’emancipazione: la scuola Umanista e positivista degli anni ’60 vede l’individuo come programmato all’autodeterminazione e alla libertà e quindi la società è l’ostacolo che si contrappone a queste tendenze naturali (opposto a Freud che riteneva la società una diga necessaria per tenere a bada le pulsioni). Dall’altra parte invece un’altra corrente, di cui un esponente è Erich Fromm, ritiene che la libertà spaventi a tal punto l’individuo che egli troverà qualsiasi modo e strumento per poterla fuggire. Certamente la psicologia non nasce per giudicare bensì per analizzare le questioni psichiche ma tuttavia: “Una teoria psicologica propone inevitabilmente dei valori, non è solo un enunciato solo persone, ma un atteggiamento nei loro confronti, un modo di mettersi in relazione con l’umanità” (Bannister, 1986).

Scritto da Marco Zardini.